23 Mag IMPRESA FAMILIARE SENZA FAMIGLIA: È DI NOME O DI FATTO? (Gazzetta Tributaria n.92/2025)
92 – L’ istituto dell’ impresa familiare, voluto dal legislatore nel 1975, subisce un radicale scossone con le sentenze recenti.
L’istituzione dell’impresa familiare di cui all’art.230bis del Codice Civile ha sempre avuto vita difficile per una imprecisa collocazione dal punto di vista sia civilistico che fiscale.
Sotto il primo aspetto si deve rilevare come la “collaborazione” del familiare all’impresa sia un concetto certamente astratto, dai confini molto sfumati; e il testo letterale della norma risente del clima della società civile del 1975, poi evoluta radicalmente dopo cinquant’anni.
Dal punto di vista fiscale il legislatore ha sempre cercato di attenuare l’efficacia del patto di impresa familiare per attuare la ripartizione del reddito, limitandone l’applicabilità, dal punto di vista dell’imponibile, alla prevalenza e alla effettività della prestazione lavorativa diretta.
Il mondo cambia, la società si trasforma e interviene da ultimo la CORTE COSTITUZIONALE, recependo anche le pronunce europee della Corte dei Diritti dell’Uomo, nel dichiarare l’illegittimità della norma dell’art.230bis che limita l’applicazione dell’istituto ai “familiari” intesi come membri di una famiglia anagraficamente registrata.
La sentenza della Consulta n.148/2024 ha dichiarato l’equiparazione delle varie forme di legame affettivo alla “famiglia”.
Ecco che, investita del problema, la CORTE DI CASSAZIONE, con la sentenza a sezioni unite n. 11661 del 4 maggio 2025 riconosce anche alla convivente di fatto, che ha dimostrato di avere collaborato nell’impresa familiare di un signore deceduto, con il quale vi era stato un rapporto affettivo solo di fatto, mai registrato in alcun atto formale, il diritto alla liquidazione della quota quale convivente che aveva contribuito alla crescita dell’impresa del defunto.
Siamo in presenza di un’impresa familiare senza famiglia! (oltre tutto il defunto era coniugato con altra persona e il matrimonio non è mai stato sciolto!); diviene veramente arduo concepire che possa esistere un’impresa familiare senza un patto che stabilisca limiti, diritti e dimensioni; ma le Sezioni Unite della Cassazione hanno stabilito che ciò è possibile, e sarà arduo compito del legislatore trovare gli strumenti per dare una veste formale a questa intricata situazione.
Dubitiamo che in un caso del genere si possa sostenere la validità fiscale dell’impresa familiare “di fatto”: secondo il TUIR, infatti, per avere valenza tributaria l’impresa familiare deve risultare da un atto con firme autenticate, con l’indicazione del rapporto familiare (art. 5 TUIR); specialmente in un caso come quello descritto, in presenza di un matrimonio non sciolto, riteniamo non si possa indicare in un atto un legame “familiare” diverso!
Diverso è certamente il caso di una persona che pretenda la quota di incrementi patrimoniali derivante dalla sua partecipazione alla impresa …para-familiare!
Nuove incertezze, quindi, sulla sostenibilità di questo istituto che appare delineato in modo certamente approssimato!
Gazzetta Tributaria 92, 23/05/2025
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