TENGO FAMIGLIA! L’esenzione da imposte per i pasti forniti ai familiari del ristoratore. (Gazzetta Tributaria Edizione 11/2021)

TENGO FAMIGLIA! L’esenzione da imposte per i pasti forniti ai familiari del ristoratore. (Gazzetta Tributaria Edizione 11/2021)

11 – L’esenzione da imposte per i pasti forniti ai familiari del ristoratore.

 

A volte vi sono particolari di norme fiscali che non vengono sufficientemente approfonditi e interviene la Corte Suprema a richiamare l’attenzione: così è per il trattamento fiscale dei pasti forniti dal ristorante (anche albergo e agriturismo) a dipendenti, soci e familiari dell’imprenditore.

Infatti con sentenza n. 5175/2021 del 25/02/2021 La Corte di Cassazione ha affermato un principio abbastanza sconcertante, e cioè che per i pasti forniti dall’imprenditore a soci, dipendenti e familiari di valore non superiore a 50euro cad. vale:

l’esclusione da IVA ai sensi dell’art.3, c.3 della legge IVA;

l’irrilevanza da imposte dirette ai sensi dell’art.85 TUIR.

Esaurita l’esposizione dottrinale, per altro doverosa in presenza di una sentenza di Cassazione, scendiamo alla praticabilità di quanto affermato.

Una attività di ristorazione dovrebbe stare alla larga dall’autoconsumo che è una delle forme più semplici di evasione fiscale; per mitigare la portata di questa affermazione la legge IVA ha stabilito che nelle prestazioni di servizi (e la somministrazione di alimenti e bevande è tale e si differenzia dalla cessione di prodotti alimentari) sono imponibili quelle rivolte a dipendenti, familiari e soci se di valore (normale) superiore a cinquanta euro.

Pertanto il nostro ristorante potrà acquistare prodotti alimentari, energia per cucinare ecc. per la sua attività globale e se il pasto fornito ai dipendenti, soci e familiari non supera il valore di cinquanta euro l’IVA su tali acquisti, pur potendo astrattamente rientrare nell’autoconsumo, è detraibile.

Con una azzardata interpretazione la Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, ha sviluppato questa serie di equazioni:

  • la somministrazione di alimenti e bevande, anche in autoconsumo, è prestazione di servizi e, se fornita a soci, dipendenti e familiari nei limiti di €50, è fuori campo IVA;
  • ai fini delle imposte dirette costituiscono ricavi le cessioni di beni, anche in autoconsumo, a soci, familiari e dipendenti;
  • nulla afferma in termini di autoconsumo il TUIR con riferimento alle prestazioni di servizi;
  • nei limiti dell’art.3, c.3 IVA (valore < €50) le prestazioni di servizi non costituiscono autoconsumo anche ai fini delle imposte dirette.

Il salto logico dal mondo dell’IVA a quello delle imposte dirette viene giustificato dalla Cassazione con la necessità di superare la distonia che si verifica tra le due fattispecie di riferimento (IVA e IRPEF/IRES); intento certamente comprensibile ma che suscita talune perplessità, data la genesi profondamente diversa dei due tributi.

Forse ha prevalso la necessità di proteggere la salute dei familiari per evitare problemi di denutrizione, ma viene richiamata alla memoria la scusante, per giustificare malefatte di ogni specie, in tanti film di Totò o De Filippo: tengo famiglia!

 

Gazzetta 11, 01/03/2021

 

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