STUDI DI SETTORE E ACCERTAMENTO: QUANDO IL FISCO GIOCA A RIMPIATTINO Una recente sentenza di Cassazione opera un sottile distinguo tra accertamento da studi di settore e accertamento analitico, con conseguenze rilevanti in materia di imponibile. (Gazzetta Tributaria Edizione 55/2020)

STUDI DI SETTORE E ACCERTAMENTO: QUANDO IL FISCO GIOCA A RIMPIATTINO Una recente sentenza di Cassazione opera un sottile distinguo tra accertamento da studi di settore e accertamento analitico, con conseguenze rilevanti in materia di imponibile. (Gazzetta Tributaria Edizione 55/2020)

55 – Una recente sentenza di Cassazione opera un sottile distinguo tra accertamento da studi di settore e accertamento analitico, con conseguenze rilevanti in materia di imponibile.

 

Intorno a Ferragosto la Cassazione ci ha riservato una sorpresa, rendendo nota la sentenza 17365 del 19 agosto 2020 che opera una divisione abbastanza netta tra i due tipi di accertamento analitico-induttivo e induttivo puro, come delineati dall’art.39 del D.P.R. 600/73 sull’accertamento.

Un breve riepilogo: è norma generale che per la rettifica dei redditi d’impresa, determinati in base alle scritture contabili in genere l’Agenzia deve operare in base a elementi certi di prova (accertamento analitico); è ammesso derogare dalla rigorosità della prova in caso di mancanza della contabilità, delle dichiarazioni obbligatorie (anche i modelli di studi di settore), della mancanza di risposte a questionari e richieste (accertamenti induttivo).

Vi è poi una fattispecie intermedia, l’accertamento analitico-induttivo che deriva dalla presenza formale della contabilità ma la sua sostanziale inattendibilità a seguito di riscontri (art.39,1° c., lett. d).

In entrambi i casi – induttivo e analitico/induttivo – i redditi imponibili sono determinati in base a presunzioni anche semplici.

 L’Agenzia ha sostenuto, e la Cassazione ha confermato con la sentenza in commento, che quando l’accertamento è formulato in base a procedimento analitico/induttivo non possono essere considerati in diminuzione costi neppure in misura forfettaria/presuntiva, mentre nel caso di accertamento puramente induttivo è obbligo dell’Amministrazione di considerare una percentuale forfettaria di costi.

 E’ un vero e proprio gioco a rimpiattino, perché se l’accertamento viene collocato nel 1° comma dell’art.39 – analitico induttivo – il ricavo presunto non può essere decurtato; se l’inattendibilità della contabilità è tanto grave da portare all’accertamento induttivo “puro” il ricavo deve essere ridotto di una percentuale forfettaria di costi; ma in entrambi i casi il presupposto è una inattendibilità contabile!

Viene da considerare che a volte può essere opportuno omettere la presentazione, per esempio, dello studio di settore, in modo da subire un accertamento induttivo piuttosto che fornire dati considerati inattendibili che faranno escludere la deducibilità forfettaria di costi!

Anche perché nel caso lo studio di settore sia palesemente inaccettabile al contribuente viene richiesta una diabolica prova negativa – dimostri che a lui non si applica la presunzione – che può essere più agevole in caso di accertamenti solamente induttivi!

Quando vi è inversione dell’onere della prova è chi si difende che risulta penalizzato.

In ogni caso un simile gioco non appare serio ed accettabile!

 

Gazzetta 55, 14/10/2020

 

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