SOLVE ET REPETE: DOPO SESSANT’ANNI È ANCORA IN VIGORE E SI DEVONO PAGARE LE IMPOSTE IN ANTICIPO! (Gazzetta Tributaria 30/2022)

SOLVE ET REPETE: DOPO SESSANT’ANNI È ANCORA IN VIGORE E SI DEVONO PAGARE LE IMPOSTE IN ANTICIPO! (Gazzetta Tributaria 30/2022)

30 – Per il contribuente la sospensione della riscossione appare un’ipotesi spesso avveniristica, anche se sono più di sessant’anni che la Corte Costituzionale ha affermato il principio.

La difesa del contribuente si basa, tra l’altro, sulla ragionevole equivalenza delle posizioni processuali delle due parti che dibattono la vertenza: affermazione che viene più volte scritta nelle norme ma che difficilmente trova attuazione pratica perché le dimensioni e le capacità sono assolutamente squilibrate.

Un conto, per il contribuente medio, è dover pagare in base ad una sentenza definitiva, un conto è essere chiamato ad anticipare tributi che magari è palese non saranno definitivamente dovuti.

Il principio: prima paga e poi richiedi indietro (solve et repete secondo la scienza dei dotti!) è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale nel 1961, oltre sessant’anni fa, con la sentenza n.21 del 31 marzo 1961, ma sembra che la cenere del tempo abbia sommerso anche questo principio.

Eppure vi sono norme, più recenti, nella legge sul processo tributario che prevedono la sospensione dell’efficacia dell’atto sino alla conclusione della vertenza contenziosa, ma sono spesso disapplicate o sottaciute.

Salvo giungere all’assurdo dell’ordinanza n.83 del 26 gennaio 2022 della CTR di Milano, sez.12, (oltre tutto un reperto archeologico perché è scritta a mano, con grafia impossibile, e la traduzione ha richiesto un lavoro da specialisti), che arriva a statuire: “La sospensiva del provvedimento si ridurrebbe ad un esonero indiscriminato dal pagamento delle imposte …”

Forse il presidente estensore non era nel suo momento migliore, perché è certo che la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato comporta la temporanea salvezza dall’onere del pagamento, ma questo non sarà mai un “esonero” dal pagamento; certamente l’eventuale sospensione non può essere indiscriminata, perché deve essere motivata espressamente; la circostanza che il contribuente che avesse a pagare una imposta non dovuta può stare tranquillo perché lo Stato è, per natura, solvibile e quindi non corre rischi è un nonsenso, perché la norma vuole evitare che il contribuente subisca un danno dall’anticipata esecuzione della sentenza, provvisoriamente esecutiva, se vi è il sospetto che sarà riformata nel grado successivo.

Non è difficile concepire che anche nella certezza di poter eventualmente ricevere alla fine il rimborso, prelevare 50mila o 100mila euro dal conto di un contribuente provoca un danno importante, mentre lo Stato non ha problemi dimensionali.

SOLVE ET REPETE era un principio di una dimensione e attività diversa, tre generazioni fa; ora siamo in un momento di processo telematico che potrebbe comportare una celerità di giudizio tale da salvaguardare anche gli interessi erariali; l’equilibrio delle posizioni delle parti imporrebbe, come ricordava la Corte Costituzionale sessant’anni fa, che vi sia un giudizio definitivo prima di incidere il patrimonio del contribuente, ma il tempo sembra essere trascorso invano ed i mitici anni ’60 sono più ricordati per l’exploit della musica leggera che della equivalenza tra Cittadino e Amministrazione avanti il giudice tributario!

 

Gazzetta 30, 29/03/2022

 

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