QUANDO VINCE LA BUROCRAZIA – IVA E ASPORTO DI CIBO L’Agenzia delle Entrate aggiunge confusione ad un settore già penalizzato da nove mesi di crisi e chiusure! (Gazzetta Tributaria Edizione 66/2020)

QUANDO VINCE LA BUROCRAZIA – IVA E ASPORTO DI CIBO L’Agenzia delle Entrate aggiunge confusione ad un settore già penalizzato da nove mesi di crisi e chiusure! (Gazzetta Tributaria Edizione 66/2020)

66 – L’Agenzia delle Entrate aggiunge confusione ad un settore già penalizzato da nove mesi di crisi e chiusure!

 

Con la “Gazzetta” n. 61 di metà novembre 2020 commentavamo con favore la sostanziale agevolazione che era stata concessa agli esercenti attività di ristorazione assimilando anche la vendita del cibo con la modalità “asporto” alla somministrazione, e quindi consentendo l’applicazione dell’IVA 10% e non quella con aliquota ordinaria (un vantaggio per l’esercente in quanto il prezzo di vendita del prodotto deve essere IVA compresa, e quindi se l’aliquota diminuisce aumenta il ricavo netto senza che il consumatore avverta nulla).

L’agevolazione, sembra dettata da condizioni di emergenza economica, era stata ricavata dalla risposta parlamentare del sottosegretario alle Finanze, ma probabilmente questi non si era coordinato con i vertici dell’Agenzia delle Entrate che hanno pensato bene di smentirlo con una risposta ufficiale.

Dopo neanche un mese, infatti, è stata ieri pubblicata la risposta n. 581 del 15 dicembre 2020 che getta benzina sul fuoco, ribadendo che solo il consumo del cibo presso i locali dell’esercente costituisce “somministrazione” mentre l’asporto di piatti pronti o di “cestini”, anche se preventivamente ordinati con adattamenti su misura tramite app, rappresenta sempre una cessione di beni e quindi non può godere di aliquota agevolata.

Non solo, ma probabilmente con intento “malizioso” per tenere attenta l’attenzione dei contribuenti è stato precisato che nella cessione di beni (ritirare il panino da consumare in ufficio, portare a casa il menu composito formato da cibo, bevanda e macedonia ecc.) si deve avere riguardo all’aliquota propria di ciascuna parte della cessione, con i vari prodotti che possono scontare un’aliquota differente: il pane ha aliquota diversa dalla frutta cotta con zucchero e questa diversa dai salumi ecc.

Sembra di capire che l’interpretazione dell’Agenzia sia che una volta allontanati dalla somministrazione del cibo (consumo che avviene direttamente in spazi del gestore l’attività) la cessione per asporto mantiene una sorta di struttura atomica del prodotto ceduto (il tipico panino vuoto + affettati in busta + yogurt + macedonia presenta tre aliquote differenti) per cui devono essere trattati separatamente le singole componenti.

C’è da sperare che sia una cattiva stesura di una interpretazione differente, perché il settore della ristorazione, nelle sue varie forme, è già intensamente provato dalla gravità della situazione sanitaria e della conseguente crisi economica e aggiungere complicazioni formali e pastoie burocratiche ad un mondo in difficoltà sarebbe una vera cattiveria, con conseguenze sul gettito certamente limitate ma con un peso psicologico devastante.

 

Gazzetta 66, 16/12/2020

 

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