QUANDO LA FORMA PREVALE SULLA SOSTANZA…O FORSE NO (Gazzetta Tributaria 21/2022)

QUANDO LA FORMA PREVALE SULLA SOSTANZA…O FORSE NO (Gazzetta Tributaria 21/2022)

21 – Una recente sentenza della Cassazione, e soprattutto il commento dell’Agenzia delle Entrate ribadiscono la rilevanza della forma anche sulla sostanza del comportamento del contribuente.

 

In materia di esercizio delle opzioni per diversi regimi formali nel mondo tributario vi sono adempimenti e formalità a iosa, tanto che una parte notevole dei modelli di dichiarazione (inizio di attività o dichiarazioni annuali) sono proprio dedicate alle varie scelte.

In questo panorama confuso si era inserito anche il legislatore, rendendosi conto dello sconcerto di operatori e contribuenti e con l’emanazione del D.P.R. 442/1997 aveva formulato un principio determinante: nel caso di scelta tra vari regimi fiscali il comportamento concludente del contribuente, sin dall’inizio dell’anno, è prevalente rispetto all’esercizio formale di opzioni o simili; l’eventuale omissione formale dell’opzione potrà comportare una sanzione ma non inficia la scelta operativa.

Il comportamento concludente del contribuente deve essere preventivo e coerente, con prevalenza quindi della realtà operativa.

Questo principio viene sbrigativamente accantonato dall’ordinanza n. 547 del 11/01/2022 della Corte di Cassazione che nega ad un contribuente l’accesso al regime agevolato dei “minimi” anche in assenza della dichiarazione dei redditi e IVA, pur in presenza di un comportamento concludente, stante la mancanza dell’espressione dell’opzione.

L’ordinanza come vedremo non è lineare, ma viene enfatizzata dall’Agenzia delle Entrate che erroneamente trae dalla stessa un principio generale, nel commento su Fisco Oggi del 23 febbraio 2022 (Il comportamento concludente non sostituisce la dichiarazione).

Riteniamo che l’Agenzia delle Entrate non dovrebbe svolgere solo il ruolo di parte contrapposta al contribuente ma anche di informazione equilibrata al servizio del cittadino, e queste prese di posizione distorte non sono dimostrazione di un buon servizio.

La fattispecie trattata dalla Cassazione riguardava un contribuente che aveva evaso l’obbligo dichiarativo per gli anni in esame; a seguito degli accertamenti aveva cercato di far accettare il principio che comunque aveva diritto alle agevolazioni del regime dei minimi avendo tenuto un comportamento concludente, ma la Cassazione ha ribadito che in assenza delle dichiarazioni (evasore totale) l’esercizio dell’opzione  ”esige una forma chiara ed esplicita”; non è penalizzato, quindi il comportamento concludente, ma la assoluta mancanza di dichiarazioni pur in presenza di una attività svolta ed un reddito conseguito.

Questo aspetto non viene esplicitato dall’Agenzia nell’articolo citato, che sembra escludere ogni possibilità di attenuare il rigido formalismo delle opzioni con il comportamento concludente, nonostante il citato decreto del 1997 faccia qualificare tale situazione alla stregua dell’esercizio della scelta.

Invece questa possibilità di revisione forse è lasciata intravedere dalla Suprema Corte, che pur in presenza di una situazione relativamente lineare come abbiamo riferito non annulla semplicemente le sentenze precedenti (favorevoli alla parte privata) ma cassa con rinvio, lasciando supporre, quindi forse qualche spiraglio di recupero!

Di questo, naturalmente, FISCO OGGI non fa menzione!

 

Gazzetta 21, 07/03/2021

 

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