MA QUESTO È IL METAVERSO FISCALE? (Gazzetta Tributaria n6/2023)

MA QUESTO È IL METAVERSO FISCALE? (Gazzetta Tributaria n6/2023)

6-In ventiquattrore due episodi realmente vissuti fanno dubitare della pragmaticità dei comportamenti dell’Amministrazione.

 

 

Primo scenario: interno di una Agenzia delle Entrate, un ufficio territoriale di Milano: il professionista si presenta con tanto di modello compilato, copia dei documenti e altri moduli per richiedere il codice fiscale di un soggetto straniero che vuole iniziare un’attività in Italia.

I documenti erano stati inviati tramite scannerizzazione dallo straniero, con tanto di sottoscrizione.

Il funzionario dell’Agenzia esamina il tutto e formula la sorprendente conclusione che se un documento viene presentato “fisicamente” allo sportello deve essere in originale, mentre se viene inviato all’Agenzia per mail, o PEC, passando attraverso una scannerizzazione, viene in ogni caso “validato” dal mezzo elettronico!

Per altro pensiamo che tutt’ora sia le Pubbliche Amministrazioni che il processo tributario chiedono l’indicazione del numero di fax del difensore, retaggio di un periodo che nella memoria dei colleghi più giovani viene riferito al mitico PONY EXPRESS di fine ottocento!

 

 

 

 

Il fatto che la presentazione avvenisse tramite un professionista che la stessa Agenzia aveva incaricato di svolgere anche la funzione di “intermediario abilitato” non aveva rilevanza, mentre quello che conta è l’esistenza di un filtro elettronico, con buona pace delle responsabilità personali e della presunzione di fiducia che dovrebbe accompagnare la discesa in campo personale del procuratore.

Secondo scenario: gestione ordinaria della posta elettronica: arriva il segnale che è stata ricevuta una nuova fattura elettronica che, dopo verifica, si scopre essere completamente a zero: inesistente l’imponibile, inesistente di conseguenza l’IVA, ma il documento è datato e numerato progressivamente (si trattava di un intervento in garanzia su di un veicolo).

Quindi l’emittente deve produrre la fattura (!), registrarla, farne cenno nel libro giornale (altrimenti il numero delle fatture in contabilità non coincide con l’IVA), trasmetterla al sistema di interscambio che la consegna alla PEC del destinatario che a sua volta dovrà registrarla tra gli acquisti (!) e contabilizzarla.

Non è facile quantificare i costi di tali inutili operazioni che impegnano tempo e attenzione per uno scenario sempre pari a zero! Comunque due sistemi contabili sono impegnati per gestire il documento, e magari anche i verificatori fiscali, a posteriori dovranno riscontrare l’esattezza dell’emissione: forse l’intervento tecnico che ha originato un simile guazzabuglio costava meno!

 

 

 

 

 

 

Eppure l’art.21 della legge IVA limita l’emissione della fattura a operazioni aventi un qualche contenuto economico, sia pure esenti o non soggette ad imposta, ma non è agevole trovare una giustificazione per la fatturazione di una operazione “senza valore

In ventiquattro ore due esempi di complicazioni assurde in un mondo che vorrebbe andare verso la semplificazione e il supporto dell’intelligenza artificiale; forse è meglio la tradizionale saggezza dei nostri padri.

Magari il tanto citato art. 10 dello Statuto del Contribuente:

I rapporti tra Amministrazione e Contribuente sono improntati a Collaborazione e Buona Fede” dovrebbe essere anche integrato da “visione propositiva” per giungere ad una definizione degli adempimenti per risultato e non per formule vuote.

 

 

 

Gazzetta Tributaria 6, 12/01/2023!

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