LA SENTENZA “SCHERMO” (Gazzetta Tributaria 32/2022)

LA SENTENZA “SCHERMO” (Gazzetta Tributaria 32/2022)

32 – La rivista ufficiale dell’Agenzia FISCO OGGI commenta una sentenza per la parte favorevole alla tesi ufficiale e trascura la pronuncia, ben più significativa, che interessa il contribuente.

 

Nel mondo tributario pubblico convivono, con difficoltà, due anime differenti: da un lato la Pubblica Amministrazione che deve essere imparziale (art.97 Cost.) e deve agire in buona fede e con spirito collaborativo (art.10 Statuto); dall’altro lo spirito di chi deve assicurare il massimo del gettito fiscale, dovendo anche redigere un proprio bilancio economico sulla base dei fondi che riceve dal ministero (nell’ultimo bilancio di previsione risulterebbe una redditività del 10%!).

Un recente articolo su di un periodico di settore argutamente segnalava come l’attività pubblica di riscossione presenta la doppia veste dello sceriffo di Nottingham che pretende sino all’ultimo centesimo e di Robin Hood che ridistribuisce a chi necessita i fondi incassati.

Forse è questa duplice veste che a volte fa prevalere il desiderio di vincere nei confronti del cittadino che cerca di limitare gli esborsi, e quindi si segnalano nei siti ufficiali, con enfasi, solo le vittorie mentre cade il silenzio sulle sconfitte.

Comportamento certamente comprensibile, ma che appare abbastanza schizofrenico quando le due facce della medaglia sono portate dalla stessa sentenza!

Questo è successo con l’Ordinanza n.1222 del 17 gennaio 2022, oggetto del commento trionfalistico di Fisco Oggi del 16 marzo 2022.

L’ordinanza, pronunciata su di un ricorso dell’Agenzia e che cassa con rinvio una sentenza della CTR favorevole al contribuente, da un lato afferma che in applicazione delle varie norme di definizione agevolata delle liti pendenti non basta avere effettuato il versamento dell’importo calcolato, ma deve anche intervenire l’agente della riscossione per accertare e confermare che quanto versato è corretto nell’an e nel quantum.

Ma la pronuncia della Suprema Corte, nella stessa ordinanza, conferma l’erroneità della tesi dell’Agenzia che pretendeva di accomunare tutte le riscossioni alla prescrizione ordinaria decennale, affermando che la riscossione tramite ruolo non produce la c.d. “conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale”.

Quindi la stessa ordinanza della Cassazione riconosce, come da tempo ribadito anche da queste pagine, che solo i tributi erariali propri godono della prescrizione decennale, mentre sanzioni e interessi riferiti a questi, i tributi locali e le relative sanzioni, e le tasse soggiacciono alla prescrizione quinquennale “breve”.

Di questo non vi è traccia nel commento dell’Agenzia, e solo la ricerca e lo studio della sentenza integrale ha permesso di ottenere una pronuncia di indubbio interesse pratico.

Sanzioni e interessi spesso superano l’ammontare del tributo (nel caso de quo i tributi erano del 2003/2005, e quindi gli altri oneri sovrastavano!) ed avere la conferma che anche per quanto riguarda cartelle scadute e non impugnate vale la partizione originaria tra importi soggetti a prescrizione ordinaria e prescrizione breve può essere determinante per le scelte di azione del contribuente.

Ma l‘applicazione della prescrizione breve non contribuisce al bilancio dell’Agenzia, e qui prevale lo Sceriffo di Nottingham!

Dante Alighieri ci ha insegnato che per distrarre da se l’attenzione del popolo era opportuno trovare una donna schermo che coprisse il suo interesse per Beatrice: l’Agenzia usa una sentenza schermo per coprire la validità della prescrizione breve, ma il vostro cronista, puntiglioso, supera e buca lo schermo!

 

Gazzetta 32, 01/04/2022

 

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