LA FATTURA: DOCUMENTO CONTABILE O PRESUPPOSTO DELL’IMPOSIZIONE? Una recente pronuncia permette di sottolineare taluni determinanti errori dei contribuenti in materia di documenti contabili. (Gazzetta Tributaria Edizione 53/2021)

LA FATTURA: DOCUMENTO CONTABILE O PRESUPPOSTO DELL’IMPOSIZIONE? Una recente pronuncia permette di sottolineare taluni determinanti errori dei contribuenti in materia di documenti contabili. (Gazzetta Tributaria Edizione 53/2021)

53 – Una recente pronuncia permette di sottolineare taluni determinanti errori dei contribuenti in materia di documenti contabili.

 

Il periodo di ferie può costituire un valido momento per rivedere talune procedure o abitudini che possono aver conseguenze rilevanti nella posizione fiscale del contribuente.

Ci riferiamo ora al contenuto obbligatorio della fattura per i soggetti IVA, come ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 22130 del 3 agosto 2021 che offre taluni interessanti spunti di riflessione.

A volte è necessario richiamare qualche elemento formale di quel comportamento che oramai da quasi mezzo secolo (questa è l’età della legge IVA!) regola il mondo della contabilità e delle dichiarazioni, e nel caso specifico la formulazione del contenuto della fattura.

Normalmente ci riferiamo all’art.21 della legge IVA che, tra l’altro, afferma che la fattura deve contenere “…..g) natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione ………….” – anche la fattura semplificata di cui all’art.21bis richiama al punto f) la necessità della descrizione dei beni ceduti e dei servizi resi… – e tale obbligo viene generalmente eseguito, particolarmente per le prestazioni di servizi, con formule a volte stereotipate, sintetiche e passibili di censura.

In genere non si approfondisce l’origine di tale obbligo che risiede da ultimo nell’art. 226 della Direttiva Comunitaria 2006/112/CE, recepita nello stesso 2006 nel nostro ordinamento; invece un approfondimento aiuta ad intendere il problema. Nel descrivere il contenuto obbligatorio della fattura recita: “6) la quantità e la natura dei beni ceduti o la natura dei servizi resi; 7)la data in cui è stata effettuata o ultimata la cessione dei beni o la prestazione di servizi….”.

Dall’obbligo comunitario, oltre che dalla legge IVA, i supremi giudici nella sentenza in oggetto traggono la convinzione che “la fattura costituisce…… un documento idoneo a rappresentare operazioni rilevanti ai fini fiscali, ma in presenza di incertezza degli elementi indicativi della natura, qualità e delle prestazioni svolte, ………………. perde l’anzidetta idoneità, così determinandosi lo spostamento a carico del contribuente dell’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni”.

Una precedente pronuncia sempre della Cassazione del 06/10/2017 n. 23384 sullo stesso argomento precisa che anche la data di conclusione dell’operazione (come previsto dalla normativa comunitaria) sia determinante.

In sostanza la fattura costituisce un indispensabile presupposto contabile per la quantificazione dei costi e dell’IVA dell’impresa, ma in caso di contestazione dell’Agenzia sulla carenza dei requisiti quali/quantitativi previsti comporta il rovesciamento completo dell’onere della prova sul contribuente, con anche i limiti derivanti dal trascorrere del tempo, e con la complicazione che nel rito tributario non vale la prova testimoniale.

Viene in mente la formulazione tipica di tante fatture di servizi, sia emesse da artigiani che professionisti, che indicano: ”corrispettivo pattuito”; assistenza contabile per l’anno XXXX; supporto al completamento dell’impianto presso YYYY; assistenza legale per l’anno ZZZZ” e così via. (Naturalmente ci riferiamo ad operazioni completamente corrette, perché il presupposto dell’inesistenza della prestazione esula da questa analisi).

Una contestazione sulla validità formale della fattura dall’Agenzia porterebbe a complesse documentazioni, e potrebbe sempre essere eccepita almeno la mancanza dell’indicazione della data di completamento delle operazioni.

La citata ordinanza del 2017 ribadisce, tra l’altro, che la mancata contestazione del costo ai fini delle imposte dirette non costituisce giudicato interno, ben potendo l’Agenzia contestare uno dei principi violati ai fini IVA anche se non vi è stata rettifica per le imposte dirette, stante l’autonomia dei due accertamenti.

In sostanza sarà opportuno rivedere la prassi di formulazione del contenuto della fattura, abbondando in elementi indicativi e ricordando di inserire la data di esecuzione della prestazione, anche con riferimento a documenti di trasporto, relazioni accompagnatorie e simili.

 

Gazzetta 53, 13/09/2021

 

No Comments

Post A Comment