L’ ECONOMIA PROCESSUALE E LA POLITICA DEL RINVIO (Gazzetta Tributaria n.26/2024)

L’ ECONOMIA PROCESSUALE E LA POLITICA DEL RINVIO (Gazzetta Tributaria n.26/2024)

26 – Anche la Corte di Cassazione sceglie di non decidere e rinviare, e così i tempi si dilatano: e il giusto processo?

 

La rassegna della giurisprudenza della Suprema Corte offre un caso che lascia alquanto perplessi.

L’autonomia tra l’imposta di registro e la determinazione dell’esistenza di una plusvalenza (non dichiarata) oltre che nella logica è stata anche sancita, nel 2015, da una interpretazione autentica legislativa (D.L. 147/2015 art.5) per cui quel meccanismo automatico di assumere, nelle compravendite immobiliari, il valore definito ai fini dell’imposta di registro come prova del corrispettivo incassato, e quindi eventualmente della plusvalenza realizzata non ha più spazio nel mondo della contestazione tributaria.

O meglio non dovrebbe trovare spazio, ma l’ordinanza n. 3725 del 9 febbraio 2024 della Suprema Corte, nella sua indecisione, lascia supporre dei dubbi.

Questo, sommariamente, il caso.

Per l’anno 2006 un contribuente vende un terreno edificabile; successivamente definisce ai fini dell’imposta di registro l’accertamento di maggior valore.

Sulla base di tale definizione l’Agenzia delle Entrate accerta una plusvalenza e il ricorso del contribuente nei gradi di merito non ha successo (!).

In sede di giudizio di terzo grado la Suprema Corte acquisisce anche le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale che chiede l’accoglimento del ricorso del contribuente (che si vuole di più!)

La Corte rileva che la sentenza di secondo grado è errata perché non tiene conto che già da anni la legge aveva stabilito, come sopra ricordato, con interpretazione autentica con valore anche retroattivo, che la definizione ai fini dell’imposta di registro non rileva per l’esistenza della plusvalenza mentre i giudici di merito avevano riscontrato che la definizione per quell’imposta rappresentava l’unica motivazione dell’accertamento.

Pertanto la Corte cassa la sentenza di merito ma, sorprendentemente, rinvia alla Corte di secondo grado perché pronunci nel merito (?)

Ma se era stata accertata la violazione di legge nella motivazione perché non decidere definitivamente?

Certamente la Corte di Merito non potrà fare altro che annullare l’accertamento, ma nel frattempo saranno trascorsi, facilmente almeno altri due anni, ci dovrà essere un nuovo fascicolo processuale, costi di istruttoria e difesa, quasi una sorta di balletto rituale dall’esito già scontato anni prima.

Non possiamo pretendere che lo Statuto del Contribuente sia applicato automaticamente alla Suprema Corte, ma almeno che si evitino ingiustificati orpelli formali e passaggi inutili, quello sì!

Lamentarsi della durata dei processi diviene inutile quando anche la Suprema Corte concorre ad allungare i percorsi, in presenza di situazioni cristalline e in spregio al principio, e all’esigenza, del “giusto processo

 

Gazzetta Tributaria 26, 19/02/2024

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