IVA NON DOVUTA: L’ERRORE DIVENTA COSTO! (Gazzetta Tributaria n.104/2023)

IVA NON DOVUTA: L’ERRORE DIVENTA COSTO! (Gazzetta Tributaria n.104/2023)

104-L’errore nell’addebito, e nel pagamento dell’IVA, secondo la Cassazione rende il rapporto definitivo e irrecuperabile.

 

La situazione che andiamo a commentare smonta uno dei pilastri del rapporto tributario in materia di IVA: l’imposta viene liquidata sulla base dei presupposti legislativi e in caso di errore scatta, sia pure entro un certo termine temporale, il diritto al rimborso.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24507 dell’11 agosto 2023 ha smentito quanto affermato sopra, statuendo che nel caso di pagamento di una imposta non dovuta spetta solo al prestatore del servizio azionare una eventuale procedura di rimborso di quanto indebitamente versato, mentre il destinatario del servizio non ha alcuna possibilità di azione tributaria ma può solo, eventualmente, agire in sede civile per ripetizione d’indebito avendo accertato che l’imposta non era dovuta.

Proviamo a delineare la situazione come risulta dai documenti.

Una società straniera, senza stabile organizzazione in Italia e senza rappresentante fiscale commissiona ad una società italiana una serie di servizi aventi ad oggetto l’installazione di pannelli pubblicitari e simili.

La società italiana al prezzo delle prestazioni regolarmente eseguite aggiunge l’IVA che il cliente estero paga.

Tenuto conto della diversa territorialità dei soggetti interessati la società straniera ritiene indebito l’addebito dell’IVA, per altro già corrisposta, e ne chiede il rimborso direttamente all’Agenzia (e non al prestatore del servizio a cui era stata pagata – questa la carenza).

Ed ecco la sorpresa: l’Agenzia delle Entrate riconosce che la prestazione doveva essere effettuata in esclusione di imposta per mancanza del requisito della titolarità nazionale (essendo il committente estero senza collocazione in Italia) ma che la società straniera non aveva titolo per chiedere il rimborso dell’imposta.

Quindi l‘Agenzia riconosce di avere percepito una imposta non dovuta, riguardante un servizio escluso da imposta per carenza del requisito della territorialità, ma tale imposta viene trattenuta non potendo essere rimborsata a chi l’ha pagata senza essere tenuto.

E in questa situazione il prestatore del servizio nazionale, che ha svolto la prestazione, ha errato nell’indicare una imposta non dovuta, ma avendola incassata l’ha versata correttamente all’Erario, e qualora venisse raggiunto dalla richiesta di ripetizione d’indebito rischierebbe di trovarsi a sua volta inciso di un onere che non gli compete!

Un vero e proprio rompicapo a cui FISCO OGGI del 27 settembre 2023 dedica quattro pagine con un titolo che suona abbastanza beffardo: “L’Iva versata senza territorialità non può essere chiesta a rimborso” affermazione che è quanto mai lontana dal principio di Fisco equo che viene sbandierato dai vertici dell’Agenzia!

Infatti riconoscere che all’imposta manca il requisito della territorialità vuol dire affermare che non vi è il presupposto: ma non può esistere un onere tributario senza presupposto valido!

Anche dopo cent’anni continuano i ”Miti e paradossi della Giustizia Tributaria” di cui scriveva Luigi Einaudi nel secolo scorso!

 

Gazzetta Tributaria 104, 29/09/2023

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