IVA E MENSE AZIENDALI – IL PASTO È INDIGESTO (Gazzetta Tributaria 41/2022)

IVA E MENSE AZIENDALI – IL PASTO È INDIGESTO (Gazzetta Tributaria 41/2022)

41 – Il formalismo dell’Agenzia delle Entrate arriva a obbligare la duplicazione di adempimenti e documenti in caso di utilizzo promiscuo di buoni pasto nella mensa aziendale!

 

Una incredibile complicazione formale viene imposta dalla risoluzione 231/2022 del 28 aprile 2022 che affronta il problema dell’IVA sulle prestazioni delle mense aziendali gestite da un soggetto specializzato per conto del datore di lavoro e a favore dei dipendenti e dei loro ospiti.

I riferimenti normativi ordinari sono rappresentati, anche per i servizi di mensa, dalla tradizionale somministrazione di alimenti e bevande che sconta l’IVA del 10% come ogni consumazione al ristorante e dal trattamento agevolativo per le mense aziendali con IVA 4%, sia in caso di gestione diretta che con l’intervento di un appaltatore.

Per motivi di dimensione, semplificazione e comodità sono sempre più diffusi i rapporti di lavoro che prevedono la consegna al dipendente di un buono pasto – ticket aziendale che rappresenta un servizio sostitutivo di mensa e pertanto viene ricondotto al regime ordinario per i pasti (IVA 10%).

L’interpello parte dal presupposto che il dipendente paghi il corrispettivo del pasto consumato nella mensa in parte con ticket e in parte in contanti.

In questo caso, con una complicazione degna dei più famosi astrologi bizantini, l’Agenzia rifiuta il concetto di prestazione comunque unitaria, sia essa agevolata o ordinaria, ma impone di separare la quota pagata in contanti, che rappresenta la mensa aziendale dalla quota pagata mediante ticket che sarà successivamente riscosso con fattura tra la società di gestione e l’emittente il buono, perché questa è somministrazione di alimenti.

Due aliquote IVA differenti, due momenti impositivi altrettanto differenti (il contante costituisce corrispettivo immediato, la fattura viene emessa con periodicità diversa); due registrazioni separate con percentuali di scorporo e addebito di imposta in chiaro, e così via.

Una situazione che è stata inizialmente creata per agevolare il mondo del lavoro ed i buoni rapporti tra dipendenti e imprenditori diviene fonte di preoccupazioni, rischi di errori e accumulo di adempimenti e formalità senza alcun costrutto!

La società proponente l’interpello suggeriva, per evidente semplificazione, di assoggettare tutto il corrispettivo, comunque pagato, all’aliquota del 10% ma neppure questa semplificazione favorevole all’Erario viene accettata dall’Agenzia, probabilmente specializzata nel rendere difficile ed ostico l’adempimento delle varie prescrizioni.

In questo caso ci è riuscita benissimo, rendendo difficoltosa la digestione a tanti imprenditori che cercano di seguire le disposizioni.

Chissà se l’inevitabile digestivo costituisce costo deducibile?

 

Gazzetta 41, 30/04/2022

 

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