IL TEMPO ILLIMITATO TRA EREDE CHE RINUNCIA E DEBITI FISCALI Alcune considerazioni marginali commentando una recente sentenza che oltrepassa le dimensioni ordinarie dei tempi. (Gazzetta Tributaria Edizione 70/2020)

IL TEMPO ILLIMITATO TRA EREDE CHE RINUNCIA E DEBITI FISCALI Alcune considerazioni marginali commentando una recente sentenza che oltrepassa le dimensioni ordinarie dei tempi. (Gazzetta Tributaria Edizione 70/2020)

70 – Alcune considerazioni marginali commentando una recente sentenza che oltrepassa le dimensioni ordinarie dei tempi.

 

Questa volta cerchiamo di metterci nei panni dei nostri “venticinque lettori” e uscire dai tecnicismi tradizionali per rientrare nella quotidianità ordinaria, che è scandita, tra l’altro, dalla nozione di limitatezza del tempo.

La nota che segue, infatti, cerca solamente di offrire un argomento generale di riflessione.

Quante vote abbiamo commentato: ”come passa il tempo!” volendo così sottolineare la sensazione di limite temporale alla durata di ogni vicenda umana.

Probabilmente non è così per il Massimo Consesso giudiziario, la Suprema Corte di Cassazione che si muove in un universo parallelo o forse applica il concetto di Einstein di relatività anche alle vicende giudiziarie, procedendo imperterrita al di fuori delle normali dimensioni temporali.

La sentenza 29/10/2020 n. 23989 accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa una precedente pronuncia e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia per una nuova pronuncia, anche sulle spese.

Fin qui tutto nella norma, salvo un approfondimento sulle date della controversia che sommariamente richiamiamo: si tratta di una impugnativa di un avviso di accertamento IVA del 1982, impugnato dagli eredi di un imprenditore deceduto; avendo costoro poi rinunciato all’eredità si affermano essere estranei alla controversia ma che viceversa sono stati ritenuti coinvolti dalla Cassazione cui si è rivolta l’Agenzia delle Entrate, dopo tre pronunce a lei negative.

Vicende che hanno un’anzianità di quasi quarant’anni, due generazioni fa; nel frattempo vi saranno stati altri passaggi e decessi in questa famiglia; in Italia non c’è più la lira ma è stato introdotto l’euro, l’IVA ha cambiato dimensione, norme e procedure, eppure la vertenza prosegue, anche se la sentenza di Cassazione in commento pudicamente riporta “I contribuenti, ritualmente intimati, non hanno svolto attività difensiva in questa sede”.

Spesso ci si sorprende per i tempi della “macchina pubblica” che in tutte le sue forme, burocrazia, giustizia, servizi riesce a scontentare il cittadino; alla fine del secolo scorso una legge costituzionale, recependo questo disagio introdusse nella nostra Costituzione – la massima legge dello Stato – all’art.111, nell’ambito del “giusto processo”, il concetto obbligatorio di ragionevole durata dello stesso; forse i magistrati che hanno reso la sentenza in commento non si ricordano questo passaggio, e pronunciano una cassazione con rinvio di una vertenza che si perderà, è facile immaginarlo, negli spazi siderali del vuoto: il giudizio dovrà essere riassunto entro sei mesi davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (per dare una dimensione fisica del tempo trascorso si badi che la CTR Lombarda nel frattempo ha traslocato tre volte!) e l’età di chi scrive non consentirà probabilmente di vedere la parola fine alla vicenda.

Ancora più sorprendente, inoltre, è notare che la rivista quotidiana dell’Agenzia delle Entrate – FISCO OGGI – commenta la sentenza in oggetto senza minimamente considerare il tempo trascorso, come se fosse usuale disquisire di una cassazione con rinvio di una fattispecie di quarant’anni prima.

Nel campo tributario il giusto processo sembra un traguardo ben lontano!

 

Gazzetta 70, 29/12/2020

 

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