IL CONCETTO DI INERENZA DEI COSTI: IL BALLETTO RITUALE HA MEZZO SECOLO! (Gazzetta Tributaria n.49/2023)

IL CONCETTO DI INERENZA DEI COSTI: IL BALLETTO RITUALE HA MEZZO SECOLO! (Gazzetta Tributaria n.49/2023)

49 – Due recenti pronunce della Cassazione richiamano l’annosa problematica sulla inerenza dei costi e le conseguenze IVA, sia pure da due ottiche diverse.

Uno degli elementi cardine della determinazione del reddito d’impresa, e correlativamente della detraibilità IVA sugli acquisti, è rappresentato dal concetto di inerenza dei costi, o meglio, riprendendo la lettera dell’art.109, c.5 TUIR, “riferibilità ad attività o beni da cui derivano ricavi…”, versione sfumata dello stesso concetto che però ha consentito la legittimità delle spese di rappresentanza.

In termini più semplicistici la legge IVA all’art.19 ammette la detrazione per l’IVA relativa a beni e servizi acquistati nell’esercizio di impresa, arte o professione.

Questi concetti sono stati riportati all’attenzione da un paio di pronunce della Corte di Cassazione, da ultimo con l’ordinanza n.11213 del 28 aprile 2023 che riconosce la detraibilità, e nel caso in ispecie il diritto al rimborso, dell’IVA relativa ad acquisti effettuati per l’attività propedeutica all’esercizio di impresa anche se l’attività imprenditoriale non si è poi avviata (si trattava di studi e prove relative ad un impianto di biogas poi non avviato).

L’inerenza è quindi riferita ad una attività che di fatto non ha prodotto ricavi.

Nel testo della asciutta pronuncia (sono solo quattro pagine rispetto a sentenze ben più corpose!) la Suprema Corte, quasi infastidita, ribadisce la preminenza dell’intento imprenditoriale che stava a base dell’iniziativa delineata, e questo basta, una volta verificatane la sussistenza, a rendere l’IVA detraibile. Il fatto che circostanze di mercato, o normative succedutesi non abbiano permesso di avviare l’attività non assimilano, come invece era stato affermato dall’Agenzia e confermato dalla C.T.R. del Piemonte, l’aspirante imprenditore ad un consumatore finale che deve essere inciso dell’IVA senza alcuna possibilità di recupero, ma consentono il rimborso dell’imposta pagata.

La Suprema Corte sottolinea come la giurisprudenza Comunitaria sia oramai concorde nell’ammettere questa detrazione a prescindere dallo sviluppo effettivo dell’idea imprenditoriale che era a monte.

Una interessante disanima del significato di inerenza dei costi, e delle conseguenze anche in materia di IVA è rappresentata anche dalla sentenza n. 5983 del 28 febbraio 2023 della Suprema Corte che dovendo affrontare un caso di “schizofrenia tributaria” si spende anche sulla precisazione del concetto di inerenza.

In una sentenza la C.T.R. dell’Emilia – Romagna formulava una strana affermazione: ai fini IRES un certo costo non era inerente l’attività d’impresa in quanto antieconomico ma era legittima la detrazione dell’IVA relativa a tale costo in quanto acquisito nell’esercizio di impresa.

La Suprema Corte, cassando con rinvio la sentenza impugnata, afferma che il concetto di inerenza, che è immanente alla detraibilità dell’IVA, derivava dalla esistenza di un nesso diretto e immediato con l’attività d’impresa.

Forse è eccessiva la sottolineatura del nesso “immediato” dato che come ricordato il TUIR si richiama a costi riferibili a cui derivano ricavi, ma in ogni caso vi sono conferme del rapporto bi-univoco della relazione IRES e IVA per quanto riguarda i costi.

Come più volte ricordato la legge IVA ha superato il mezzo secolo di esistenza, e il fatto che sia ancora necessario commentare pronunce, e quindi che i giudici vengano investiti di questa problematica, sulla detraibilità dei costi d’impresa (anche potenziale) indica che vi è certamente necessità di un chiarimento e auspichiamo che  avvenga con la promessa riforma; il principio di neutralità dell’imposta dovrebbe essere il cardine per portare chiarezza in un argomento che non finisce mai di richiamare attenzioni, senza però  avere la grazia del  balletto che richiamavano nel titolo!

Gazzetta Tributaria 49, 02/05/2023

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