Gazzetta Tributaria Edizione 7/2019 contributi (n. 13-14)

Gazzetta Tributaria Edizione 7/2019 contributi (n. 13-14)

14- IL TEMPO REALE E IL TEMPO FISCALE

Nuovo rinvio della comunicazione ENEA e altre variazioni temporali

 

Pochi numeri fa commentavamo su queste pagine il differimento di due giorni del termine per presentare in via telematica all’ENEA le dichiarazioni e la documentazione sugli interventi per il risparmio energetico effettuati nel 2017 e conclusi nel 2018 (Gazzetta n.8/2019).

Con involontaria ironia il sito dell’ENEA comunica che il termine per la presentazione di quanto riferibile a questi interventi oramai datati è stato ulteriormente prorogato al 1° aprile 2019, che per altro tradizionalmente è il giorno dedicato agli scherzi!

Ben venga quello che rende meno affannata la vita del contribuente, ma si dovrebbe conoscere l’identità di quel funzionario che aveva pensato di risolvere qualche cosa con una proroga di due (!) giorni, a meno che non volesse anticipare lo scherzo!

Ricordiamo per altro che la scadenza ha valenza solamente per poter usufruire in termini sereni delle agevolazioni fiscali, che comunque spettano anche in caso di omissione della comunicazione, salvo eventuali sanzioni accessorie, e che a regime, come dovrebbe essere ora il sistema, la comunicazione ad ENEA deve essere inviata entro 90 giorni dalla fine dell’intervento a cura del tecnico che ha eseguito la riqualificazione.

Che il tempo come unità di misura nell’astratto mondo fiscale abbia una dimensione differente rispetto a quella percepita dal comune cittadino è dimostrato anche dalla conversione in legge del c.d. decreto semplificazioni (D.L. 135/2018 convertito con la legge 12/2019), che candidamente afferma che il termine per il deposito di un atto costitutivo di società di capitali al registro delle imprese è ridotto da venti a dieci giorni, e con questo è stato affermato che si è velocizzato il mondo delle imprese (!)

Senza dedicarci a ricerche quasi archeologiche si ricorda che dal 1972 la legge di registro (prima il decreto 634 del 1972 poi il decreto 131 del 1986) secondo uno schema collaudato nel tempo fissa in venti giorni il termine per l’esecuzione della registrazione di un atto, tra i quali vi è anche quello di costituzione di una società di capitali ovviamente.

Con l’improvvisazione purtroppo tipica di questo governo il sistema viene scardinato con il dimezzamento, solo per le società di capitali, di un termine di consuetudinario, con tutte le conseguenze destabilizzanti inerenti, senza rispetto per le professionalità degli operatori del diritto e senza pratica efficacia.

E’ ben vero che il tempo fiscale ha valenza difforme dal tempo reale!

 

 

Gazzetta 14, 2019

 

 

13- DEFINIZIONE DELLE LITI TRIBUTARIE – ISTRUZIONI PER L’USO (3)

 

Vertenza sulle sole sanzioni

Una fattispecie differente a quanto esaminato sommariamente nella precedente puntata è quella riguardante la controversia avente ad oggetto solo sanzioni.

Nonostante possa non trattarsi di un atto impositivo sono definibili le liti pendenti riguardanti le sole sanzioni comminate dall’Agenzia delle Entrate.

La formulazione letterale della legge specifica che possono essere sanzioni non collegate al tributo ovvero sanzioni collegate a tributi il cui rapporto è stato in ogni modo definito (art.6, 3° comma D.L.119/2017).

Premesso che deve trattarsi di controversia pendente secondo i canoni indicati nel precedente contributo n.12 della Gazzetta 2019, la fattispecie riguardante le sanzioni appare sicuramente complessa e necessità di chiarimenti di cui auspichiamo presto l’emanazione.

Intanto precisiamo che la quantificazione del valore della lite in caso di vertenza sulle sole sanzioni è data dall’ammontare nominale di queste; in caso invece di vertenza riguardate un atto impositivo che commina anche sanzioni di queste non si deve invece tenere conto nella quantificazione del valore.

L’ultimo capoverso del citato comma 3 contiene una affermazione significativa ma espressa in modo poco lineare; per le vertenze pendenti riguardanti sanzioni collegate a tributi, se questi sono stati definiti in qualunque forma la definizione comporta l’integrale annullamento delle stesse.

In sede di risposte a Telefisco 2019 l’Agenzia ha precisato che tale situazione vale anche per soggetti diversi dal contribuente, con un indubbio vantaggio per la semplificazione delle posizioni.

Un esempio può rendere meno ostica la comprensione della fattispecie: se a seguito di una omissione di versamento da parte di una società è stata comminata una sanzione al legale rappresentante, il fatto che in forma agevolata od ordinaria sia stata definita la fattispecie principale (versamento) fa sì che, avendo a suo tempo contestato con ricorso la sanzione al legale rappresentante, non sia più dovuto alcun importo per sanzioni a seguito della domanda di definizione della società.

L’attuale formulazione della norma induce a ritenere che la controversia, purchè pendente secondo quanto già specificato, riguardante una sanzione non debba essere limitata agli atti impositivi sottostanti, ma possa riguardare in ogni caso una sanzione, escludendo quei dubbi che saranno oggetto di un prossimo approfondimento.

Sembra quasi che il legislatore abbia voluto ampliare senza limiti il campo della definibilità delle controversie sulle sole sanzioni.

A favore di questa tesi depone anche la portata del comma 14 dell’art.6 che estende a tutti i coobbligati il beneficio della definizione agevolata prodotta ed ottenuta da uno dei coobbligati, anche se nei confronti di taluno di questi non vi sia, o non vi sia più controversia pendente.

Resta fermo, comunque, il principio che a seguito della definizione non possono sorgere motivi di credito di quanto eventualmente versato.

Vertenze aventi ad oggetto atti impositivi

Un argomento di significativo interesse è rappresentato dalla esatta definizione di controversia riguardante un atto impositivo.

Durate la citata manifestazione di Telefisco 2019 l’Agenzia delle Entrate ha escluso l’applicabilità del procedimento di definizione agevolata alle controversie aventi ad oggetto le cartelle di pagamento emesse a seguito di avvisi bonari derivanti dalla liquidazione dei tributi a seguito dell’applicazione dell’art36bis o 36ter del decreto 600 o dell’art.54bis della legge IVA.

Si tratta di atti di recupero di imposte che scaturiscono dalla liquidazione “automatica” di determinati importi risultanti dalle dichiarazioni, importi che vengono portati a conoscenza del contribuente tramite un “avviso bonario” che non è atto autonomamente impugnabile.

L’Agenzia afferma che trattandosi di semplice richiesta di importi dichiarati dal contribuente non vi è una attività impositiva ma semplicemente di riscossione, e quindi le relative controversie, ancorchè pendenti, non sono suscettibili di definizione agevolata.

Al riguardo, mentre deve essere contestata l’affermazione assoluta che si tratti di soli atti di riscossione in quanto con tali provvedimenti l’Agenzia può modificare taluni detrazioni, ridurre o escludere deduzioni o riporto di crediti ecc., si deve sottolineare che pochi giorni fa, il 17/01/2019, la Corte di Cassazione ha emesso l’ordinanza 1158/2019 che riconosce la natura di atti impositivi, e quindi definibili in forma agevolata, a tali atti, rappresentati formalmente da una cartella di pagamento.

Per altro anche nel 2018, con la sentenza 23269/18 la Corte di Cassazione si era già espressa nello stesso senso.

Pertanto deve essere valutata con la massima attenzione la fattispecie riguardante le impugnative delle cartelle di pagamento derivanti dalle c.d. liquidazioni automatiche, e sarà compito dei difensori esprimere i più accurati pareri.

 

 

 

Gazzetta 13, 2019

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