Gazzetta Tributaria Edizione 18/2018 (contributi n. 42-43)

Gazzetta Tributaria Edizione 18/2018 (contributi n. 42-43)

42 – EDUCARE A SUON DI TASSE!

 

Antichi ricordi dei tempi di scuola (Diritto Costituzionale) richiamano alla memoria i principi della nostra Costituzione, che in un certo articolo legittima il sistema tributario con l’affermazione della obbligatorietà di concorrere alla spesa pubblica in relazione alla propria capacità contributiva (art,53).

Stiamo invece assistendo al tentativo di trasformare il sistema fiscale nella nuova forma di educatore sociale, per cui l’imposta deve insegnare ed obbligare a seguire i comportamenti corretti e penalizzare quelli considerati errati.

Tale è la proposta, ricorrente, di tassare in misura differenziale le bibite dolci gasate (Coca Cola per prima!); in questi giorni in Francia si sta assistendo ad una battaglia urbana per affermare la necessità di escludere talune imposte suppletive volute anche per scoraggiare l’uso dell’auto; è oramai comunemente accettata l’idea che con certi tipi di auto entrare nel centro cittadino comporta il pagamento di una tassa suppletiva e così via.

L’organo ufficiale dell’Agenzia delle Entrate (Fisco Oggi) prende posizione riguardo tale argomento e nel numero del 11 dicembre riporta la notizia che un gruppo internazionale di ricercatori ha pubblicato un corposo studio riguardante la “necessità di tassare le carni rosse e lavorate” sembra con un certo compiacimento e non con la rigorosa critica ad una ideologia dirigista quanto meno minoritaria e sorprendente.

La proposta, certamente stravagante, legherebbe la misura di super imposizione (una sorta di dazio) sulle carni rosse e lavorate (salsicce, salumi e simili) al livello di reddito del singolo paese, per cui questa fantomatica “tassa salutistica globale” sarebbe del 25% sulle carni lavorate nei paesi ricchi per scendere all’1% nei paesi poveri, e così via, al fine di contenere i rischi di malattie vascolari e epatiche in genere.

Da un lato sembra di ritornare all’inizio del mondo IVA, quando i prodotti alimentari avevano almeno quattro aliquote diverse a seconda del presunto grado di rilevanza sociale (minima il latte, massima il tartufo o il caviale!); dall’altro lato è facile prevedere che una simile rivoluzione provocherà un sensibile disagio sociale, per cui i benestanti continueranno a vivere una vita pingue e carnosa mentre i meno abbienti vedranno scavarsi sempre più il solco della diversità anche alimentare, legata solo alla capacità di spesa.

Non per nulla questa proposta è definita come una imposta “pigouviana” dal nome dell’economista della seconda metà del secolo scorso Arthur Pigou, utopista che teorizzo le varie ecotasse che costano più di quanto producano di gettito e non modificano ne costumi ne prospettive.

Anche il mondo fiscale ha la propria buona dose di utopia, e vi è spazio per ogni illusione, ma pare che queste iniziative non abbiano nulla a che vedere con la spesa pubblica, con la capacità contributiva e con una ragionevole visione della società.

 

 

Gazzetta 42, 2018

 

43- I GIOCHI SONO FATTI

(commento alle novità del condono – V)

 

Il decreto legge 119/18 è stato alla fine approvato e convertito in legge il 12 dicembre 2018 e attendiamo ad oggi la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Rimaniamo sul commento relativo alla definizione agevolata delle liti pendenti per ribadire quanto già evidenziato nei nostri pezzi n.35 e 38 e proporre talune considerazioni a latere.

Intanto viene precisato che la controversia è pendente anche se il ricorso è stato solamente notificato alla controparte ( che per ora non può che essere l’Agenzia delle Entrate); e non ancora iscritto a ruolo; si porrà il problema di valutare come presentare l’istanza di definizione anche se non vi è ancora un giudice investito della vertenza.

La valutazione della convenienza della definizione deve tenere conto del fatto che non solo, anche in caso di soccombenza, vi sarà l’abbuono di interessi e sanzioni, ma certamente anche delle spese di lite a cui sia stato condannato il contribuente nei primi gradi di giudizio. Se la domanda di definizione giunge ad esplicare i suoi effetti prima dell’iscrizione a ruolo del terzo dell’imposta, o comunque questa non è stata pagata potrebbero essere risparmiati anche gli aggi di riscossione, un altro 6/7% del tributo.

L’ammontare di quanto dovuto per la definizione viene determinato con le seguenti percentuali calcolate sul solo tributo accertato, al netto di interessi e sanzioni (oltre che delle spese legali ed eventuali aggi):

ricorso pendente in primo grado senza pronunce                                            90%

vittoria in primo grado con annullamento                                                         40%

vittoria in secondo grado con annullamento                                                      15%

ricorso pendente in Cassazione, con vittoria del contribuente                        5%

In caso di accoglimento parziale le percentuali di riduzione si applicano solo alla parte di imponibile oggetto della pronuncia, mentre per quello confermato rimane la debenza totale (sempre al netto di sanzioni e interessi).

Vi è tempo sino a primavera inoltrata per la presentazione delle istanze e quindi i fascicoli pendenti potranno essere valutati con serenità; magari quell’impatto negativo potrebbe essere attenuato, e questo non è frutto dello spirito natalizio!

 

 

Gazzetta 43, 2018

 

 

 

 

 

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