Gazzetta Tributaria Edizione 17/2019 contributi (n. 36-37)

Gazzetta Tributaria Edizione 17/2019 contributi (n. 36-37)

37- EVASORE “A SUA INSAPUTA”

Ai fini tributari non rileva il “non poteva non sapere

 

Sia la Corte di Cassazione che l’Agenzia delle Entrate negli ultimi tre mesi si sono occupate, sotto diversi punti di vista, delle ipotesi di evasioni fiscali o irregolarità derivanti dal comportamento di terze persone.

Il 28 agosto 2019 con interpello n 348 l’Agenzia ha specificato che affidare a terzi la fatturazione elettronica, con compilazione della specifica sezione del programma ufficiale non esclude alcun onere e responsabilità del mandante  che risponde di tutto quanto connesso con l’emissione del documento.

Quindi ogni errore, ogni mancanza, sarà addebitata anche al cliente, magari ignaro.

Il 25 settembre 2019 la Corte di Cassazione con la sentenza n. 39333 ha stabilito la responsabilità, in concorso, del cliente, un imprenditore, perché aveva avallato non opponendosi una compensazione indebita con crediti tributari inesistenti. A nulla è valsa la difesa che affermava essere tutta iniziativa del Commercialista, anche lui indagato anche come autore materiale della compensazione.

Ai primi di ottobre la Corte di Cassazione, con sentenza 40772 del 4 ottobre 2019 ha mantenuto la condanna per omesso versamento delle ritenute (compensate con crediti inesistenti) per un imprenditore che ha dimostrato come non si sia mai occupato di materie contabili, ma il tutto era delegato al professionista.

In pochi giorni una sequenza di prese di posizione che sembrano richiamare vicende lontane caratterizzate dall’ assioma “ …non poteva non sapere…”; ora siamo di fronte al principio “Non può esistere un evasore a sua insaputa! “

Meglio affidarsi ad un professionista corretto, e comunque sottopone a vigile verifica tutto quello che viene fatto da terzi, magari pretendendo un chiarimento su comportamenti e procedure.

 

 

Gazzetta 37, 2019

 

 

36- IMPRENDITORE A SUA INSAPUTA

La qualificazione “imprenditoriale”, di una operazione “comune“ può avere conseguenze importanti

 

Una coppia acquista un grande fabbricato di civile abitazione, magari nell’ambito di una sistemazione ereditaria.  Dopo una ventina di anni decidono di ristrutturare l’immobile con demolizioni e aumento di volumetria, e successivamente vendono il tutto.

L’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n.  426 del 24/10/2019 ha stabilito che nonostante il possesso ultra quinquennale e la qualifica di soggetti privati dei proprietari l’attività svolta produce un reddito d’impresa con plusvalenze imponibili, in quanto attività imprenditoriale non dichiarata perché non strutturata.

Abbiamo quindi un caso di imprenditoria “a sua insaputa” che rischia di essere colpito da gravi oneri per una attività di tipo ordinario, il privato che magari ristruttura e divide l’appartamento di famiglia e ne vende il risultato. Spesso si verifica il caso di una comunione ereditaria che ristruttura i beni ricevuti e li vende dopo anni, anche dopo averli parzialmente goduti direttamente.

Secondo l’ Agenzia potrebbe essere un’attività d’impresa, con tutti i conseguenti adempimenti, IVA, imposte dirette e dichiarazioni, tutti obblighi inconsciamente trascurati.

Si pensi al fatto che la vendita del bene ristrutturato doveva essere fatturato con l’IVA, senza imposta di registro, e la plusvalenza è imponibile, pro-quota, in capo ai venditori.

Non avere fatto tutto questo può costare, tenuto conto di imposte e sanzioni, più del ricavo della vendita!

Si badi bene che questa fattispecie è diversa dalla generazione d plusvalenze da reddito diverso (vendita di un immobile posseduto da meno di cinque anni) sempre in capo ad un privato.

L’imprenditore a “sua insaputa” è un comportamento pericolosissimo da evitare.

 

 

Gazzetta 36, 2019

 

 

 

 

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