Gazzetta Tributaria Edizione 1/2020 contributi (n.1-2-3)

Gazzetta Tributaria Edizione 1/2020 contributi (n.1-2-3)

3- DOPO LA FATTURA, ECCO LO SCONTRINO ELETTRONICO!
Una guida semiseria alla novità documentale dal 1° gennaio 2020

 

Dopo una serie di precisazioni e annunci dal 1 gennaio 2020 è in vigore l’obbligo generalizzato di emissione dello scontrino elettronico per tutte le attività, generalmente commerciali, che documentavano i propri ricavi con ricevute, scontrini o registrando i corrispettivi.
Non vi sono più limiti di fatturato e di attività, ma l’apparecchio di emissione dello scontrino: il “registratore di cassa” deve essere collegato o collegabile in modo stabile a Internet e dialogare con l’apposito portale dell’Agenzia delle Entrate.
In effetti anche la dizione comune dell’innovazione: scontrino elettronico è errata, in quanto la novità consiste nel fatto che, per ogni contribuente attivo, negoziante, artigiano o simili, in modo automatico e non modificabile ad ogni fine giornata il registratore di cassa appositamente predisposto trasmetterà i dati dell’attività all’Agenzia, rendendo superflua l’emissione dello scontrino propriamente detto, del giornale di fondo e anche la tenuta e compilazione del registro dei corrispettivi; rimane naturalmente la facoltà da parte del cliente di richiedere la fattura per documentate il suo acquisto, ma anche questo ricavo sarà inglobato nella trasmissione giornaliera dei dati.
L’esercizio o il negozio (l’obbligo di documentazione elettronica non riguarda i lavoratori autonomi) non dovrà essere in costante collegamento Internet con l’Agenzia, ma basta che il collegamento sia attivo a fine giornata per l’invio cumulativo dei dati; non è richiesto neppure che vi sia obbligatoriamente un invio quotidiano, dato che è tollerato e considerato tempestivo anche l’invio dei dati entro 12 giorni dalla chiusura della giornata; vi saranno probabilmente successive messe a punto sulla precisa tempista degli adempimenti e sulle procedure di emergenza quanto mai delicate quando ci si riferisce a registrazioni elettroniche e non a supporti cartacei fisici!
In ogni caso è stata completata sostanzialmente la seconda fase della trasformazione della contabilità da cartacea ad elettronica ( la prima è stata la fattura elettronica) : quando Fra’ Luca Paciolo (considerato l’inventore della contabilità) teorizzava le registrazioni in partita doppia non poteva certo immaginare che qualche secolo dopo non sarebbero più esistiti registri, documenti, fatture e scritture, tutto sostituito da un record telematico automatico e non modificabile generato da una macchina!
Infatti una delle caratteristiche sostanziali del sistema di contabilità elettronica è la sua fissità nel tempo; una volta emessa la fattura, o chiusa la cassa giornaliera il documento contabile elettronico viene sigillato automaticamente e diviene immutabile; le procedure di rettifica e correzione sono complesse e defatiganti; lo storno di una operazione appare generalmente impraticabile e i dati una volta trasmessi all’Agenzia resteranno fissi e verificabili per un tempo teoricamente illimitato.
L’Agenzia, in una nota divulgativa, segnala come il nuovo regime porterà a semplificazioni e riduzione di adempimenti: non si deve più tenere il registro dei corrispettivi, elemento fondamentale per i documentare i ricavi dei commercianti al minuto; non si deve più tenere il libretto di servizio del registratore di cassa, in quanto in caso di eventi straordinari (guasti ecc.) sarà l’apparecchio stesso a trasmette le dovute informazioni all’Agenzia; gli artigiani e coloro che utilizzavano i bollettari madre e figlia non dovranno più acquistare e predisporre tali documenti ma dovranno dotarsi o di un apparecchio telematico portatile ovvero registrare l’intervento tramite il portale dell’Agenzia.
La relativa semplicità dell’innovazione (almeno per come la considera l’Agenzia) è dimostrata dalla limitata entità del contributo che viene previsto in conto acquista per l’adattamento o la sostituzione del registratore di cassa da parte dei soggetti obbligati, dato che tale contributo non potrà mai superare l’ammontare di €250 in caso di acquisto e € 50 (!) in caso di adattamento di un modello già posseduto; stranamente non è previsto alcun rimborso, od agevolazione, per i canoni di abbonamento ad Internet anche se il collegamento diviene obbligatorie e generalizzato. Forse si vuole indicare che stiamo andando verso una sorta di Wi Fi nazionale!
E lo scontrino cartaceo che conosciamo?
Avrà una vita diversa, in quanto è sempre elemento essenziale per richiedere un reso o una sostituzione di un acquisto o validare la garanzia per il bene acquistato; serve per documentare un costo nei casi in cui può non essere necessaria la fattura; costituisce pur sempre un allegato insostituibile nelle note spese a piè di lista e così via: anche se non avrà più l’ufficialità dello scontrino fiscale (ricordate gli appostamenti della Guardia di Finanza per verificare che i clienti all’uscita avessero il documento?) manterrà una sua identità, almeno fino a che non sarà inventato il “micro cip fiscale”, magari sottocutaneo, che seguirà il contribuente in ogni suo attimo di attività (e non solo)…..

 

 

Gazzetta 3, 2020

 

 

2- TUTTI A SCUOLA!
Le modifiche normative all’esenzione IVA per le attività di insegnamento.

Avevamo commentato nel numero (gazzetta n. 32/2019) la frettolosa “corsa all’adeguamento” che il nostro legislatore aveva introdotto nel regime IVA recependo la sentenza della Corte di Giustizia C-449/17 che aveva sancito l’imponibilità delle prestazioni d’insegnamento per conseguire la patente di guida.
Un decreto legge (n.124/2019) aveva frettolosamente stabilito che l’esenzione IVA esistente dal 1973 per l’insegnamento si applicava solo alle prestazioni di insegnamento scolastico o universitario, considerando imponibile tutto il resto.
Grande levata di scudi, tentativo di comprendere la nuova normativa da parte degli interpreti professionale ed ecco la legge di conversione del citato decreto che opera una retromarcia sconcertante.
Dopo la conversione del decreto legge, operata con la legge 157/2019 la normativa recita che tutte le attività di insegnamento comunque rese e finalizzate rimangono esenti da IVA, come stabilito dall’art. 10 comma1 n.20 del decreto IVA, con esclusione esplicita e limitata per “l’insegnamento della guida automobilistica ai fini dell’ottenimento della patente di guida per i veicoli delle categorie B e C1”
Se teniamo conto che in Italia esistono una decina di patenti di guida stradale differenti, oltre alle patenti nautiche, le categorie nominate “B e C1” appaiono un po’ come il decalogo della Fattoria degli Animali di Orwell che alla fine del libro recitava “Tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri!”.
E’ certamente difficile comprendere perché l’aspirante conducente di taxi debba pagare le lezioni di guida + IVA mentre l’aspirante diportista a vela goda dell’esenzione! Oppure che le lezioni di ricamo o di acquerello a Madame magari annoiata sono senz’IVA, mentre il rappresentante di commercio le sue lezioni per poter guidare l’auto che lo porta dai clienti debbono essere gravate d’imposta.
Inoltre, con una dose di sano pragmatismo la legge di conversione ha stabilito che comunque le nuove norme si applicano solo a partire dal 2020, e quindi per il passato vale una sanatoria inevitabile.
Non è da escludere che inizieranno una serie di opposizioni e contestazioni riguardo tale parcellizzazione della soggettività IVA, ma dobbiamo accettare che almeno vi sia un punto fermo: è l’autovettura (come affermano una banda di ragazzini contestatori) la colpevole di tutto e quindi chi vuol prendere la patente di guida deve essere penalizzato anche con le tasse!

 

Gazzetta 2, 2020

 

 

1- DIFESA ESAGERATA!

Quando l’accanimento della difesa erariale supera i limiti del buonsenso e del tempo

Ritorna la Gazzetta Tributaria con un commento di costume in attesa di affrontare le novità di questo 2020 che, non dimentichiamo, essendo bisestile potrebbe non essere fausto!!
Di recente la Corte di Cassazione ha dovuto occuparsi di un ricorso dell’Avvocatura di Stato che chiedeva venisse annullata una sentenza della Corte Regionale del Lazio, favorevole al contribuente, in merito ad un mancato versamento di IVA.
Il motivo del ricorso per Cassazione dell’Avvocatura di Stato era quanto meno sorprendente, tenuto conto dell’iter della vicenda che ora riassumiamo.
Un contribuente riceve un accertamento per mancato versamento di IVA e ricorre in Commissione Provinciale, dove ottiene parzialmente ragione; la sentenza della Provinciale viene appellata dall’Agenzia e la Corte Regionale, verificato che il contribuente non aveva un difensore tecnico sin dall’inizio del giudizio, rimette la causa alla Provinciale; il contribuente, assistito da un difensore, ottiene pienamente ragione davanti alla Provinciale in sede di rinvio e la relativa sentenza viene appellata dall’Agenzia ma l’appello viene respinto; da qui il ricorso in Cassazione dell’Avvocatura di Stato per conto dell’Agenzia.
Il motivo del contendere, a detta dell’Avvocatura, era che nel giudizio rinnovato avanti la Provinciale da pare del difensore erano state svolte linee di difesa “tecnica” non sviluppate precedentemente dal solo contribuente e questi costituivano motivi nuovi e in quanto tali non proponibili dopo la citazione originaria.
Ben ha fatto la Cassazione (ordinanza n. 14943/2019) a respingere la tesi dell’Avvocatura affermando che la difesa del professionista era stata svolta con professionalità specifica e la competenza non rappresenta un motivo nuovo di difesa ma semplicemente l’esecuzione professionale di un mandato, quasi che i diritti di una difesa qualificata e profonda dovessero essere compressi da una eventuale partenza in tono minore.
Ma la vicenda velocemente descritta merita attenzione per due motivi collaterali: nonostante l’assurdità del ricorso dell’Avvocatura di Stato le spese del giudizio sono state compensate, anche tenendo conto dell’importo originario della pretesa, circa tremila euro!!; e la presunta irregolarità, che alla fine ha percorso cinque gradi di giudizio, risale al 1984.
Trentacinque anni di giudizi, attenzioni ed energie perché anche per piccoli importi una difesa attenta richiede dedizione, cinque gradi di giudizio e quindi una quindicina di giudici impegnati per colpa di una assurda pretesa dell’Avvocatura che voleva limitare i diritti della difesa privata: a volte anche l’interesse collettivo, e quindi la difesa erariale, esagera.
E oltre tutto il contribuente che aveva ragione ha dovuto percorrere a proprie spese questi trentacinque anni di giudizi, sempre provocato dall’Avvocatura di Stato che essendo composta di pubblici funzionari non sostiene aggravi di oneri a seconda dell’attività espletata!

 

 

 

Gazzetta 1. 2020

 

 

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