Gazzetta Tributaria Edizione 1/2019 contributi (n.1-2)

Gazzetta Tributaria Edizione 1/2019 contributi (n.1-2)

2- PICCOLO È BELLO

Il nuovo regime forfetario, versione domestica della flat tax

La legge di bilancio 2019 (legge n. 145/2018) presenta una versione “addomesticata e parziale” della FLAT TAX che era stata sbandierata come uno degli impegni qualificanti della legislatura.

Per  i limiti quantitativi proposti e le modalità applicative meritano una serie di approfondimenti che cercheremo di accennare nella nostra GAZZETTA.

A partire dal 2019 viene modificata la dimensione per applicare il regime di vantaggio per gli esercenti imprese individuali, arti o professioni stabilendo il limite quantitativo dei ricavi in € 65.000 in ragione d’anno.

Entro tale limite di ricavi annui i vantaggi sono numerosi:

non si è soggetti a fatturazione elettronica;

non viene applicata l’IVA sulle fatture emesse;

non vengono applicate ritenute d’acconto ne sui compensi ricevuti ne sui compensi pagati;

non si è soggetti ad obblighi contabili specifici;

la base imponibile è forfetariamente stabilità in una percentuale derivante dall’attività svolta (dal 40% al 78% dei ricavi)

l’imposta è fissa e pari al 15% della base imponibile, e comprende IRPEF IRAP e add.

nel caso di inizio di nuova attività, da verificare con talune cautele, l’aliquota di imposizione è ridotta al 5% per i primi cinque anni! (con un vantaggio veramente importante.)

Per agevolare i nostri “venticinque lettori” indichiamo che un professionista che svolga una attività di collaborazione con compenso di € 5.000 al mese (certamente non un proletario!) oltre ad essere esentato da formalità ed adempimenti burocratici si troverà ad assolvere una imposta annuale omnicomprensiva di: 60.000×78%=46.800 – contributi previdenziali obbligatori ( stima di € 6.800) =€ 40.000; imposta dovuta € 6.000

Se il nostro contribuente è un intermediario del commercio, finanziario o simili la dimensione di reddito imponibile si riduce al 62% dei ricavi e quindi l’imposta assommerà a circa €4.600

Non entriamo nelle particolarità tecniche dell’applicazione di tale regime agevolativo, ma appare con evidenza che la situazione si prospetta di significativo vantaggio per una platea di contribuenti sempre più ampia, e destinata a crescere dato che dal 2020 il limite di ricavi, fermo restando tutto il sistema in generale, sarà ampliato a € 100.000/anno, sia pure con l’aumento della aliquota di tassazione sostitutiva al 20%.

Specialmente con riferimento a tale dimensione “maggiorata” a partire dal 2020 è facile prevedere che il regime agevolato avrà una applicazione sempre più diffusa, con la conseguenza di provocare una polverizzazione delle attività sia di commercio minore che professionali ( gli enti collettivi, gli studi associati e le società di professionisti sono esclusi dal beneficio!), lontano dal concetto di economia di scala e dai conseguenti risparmi a livello globale – energia, inquinamento, protezione della proprietà intellettuale ecc.

Viene da pensare che non potendo ridurre effettivamente le imposte a carico delle maxi imprese il governo abbia ritenuto di operare con questa “flat tax” dei piccoli per non essere accusato di inadempienza; il rischio è che il regime agevolato al livello di proventi sino a 100.000 euro l’anno prenda tanto piede da provocare una riduzione importante di gettito!

Poi risuona nella memoria di un antico studente un capoverso della nostra Costituzione che recita : “Il sistema tributario è improntato a criteri di progressività”, esattamente l’opposto di mini aliquote fisse!

 

 

Gazzetta 2, 2019

 

 

 

1- L’ERBA DEL VICINO

Uno sguardo su taluni aspetti della situazione fiscale dei paesi stranieri.

 

Con la fine dell’anno sono apparsi gli aggiornamenti degli studi internazionali sulla fiscalità, promossi sia da strutture private (PricewaterhouseCoopers) che da organismi indipendenti (Tax Foundation).

Il primo studio assomiglia un po’ alle pubblicazioni sulle città più vivibili, analizzando paese per paese sia il carico fiscale complessivo che la facilità o difficoltà degli adempimenti necessari per adempiere.

Purtroppo l’Italia risulta tra uno dei pochi paesi che nel corso degli anni ha aumentato l’onere complessivo, che tra imposte e contributi viene stimato in media al 53,1%(uno dei più alti in assoluto!), mentre vi sono Stati che hanno un’incidenza molto inferiore (anche minore del 10%).

Viene evidenziato che gli Stati virtuosi richiedono in media 5 mesi per erogare un credito IVA, mentre viene stigmatizzato il rimborso che supera i 10 mesi ( non è evidenziata l’Italia tra questi); il paese fiscalmente più semplice è Hong Kong, che richiede solo in media tre pagamenti in un anno e un impiego di meno di 12 ore per  i necessari adempimenti; il paese più complicato appare essere il Brasile che richiede al contribuente in media quasi duemila ore l’anno per gli adempimenti fiscali  (si stratta di dieci ore per giornata lavorativa, viene  da pensare che vi sa un elemento di distorsione!).

E’ interessante notare come l’introduzione delle nuove tecnologie abbia creato, a volte un effetto contrario: in India il numero di ore necessarie per adempiere dal 2016 al 2017 è salito del 20% nonostante la diminuzione dei pagamenti, a seguito dei nuovi processi telematici – aspettiamo il prossimo anno per valutare in Italia gli effetti della nostra fatturazione elettronica! – molti paesi ad economia “minore” richiedono sempre più attività dei contribuenti per l’esecuzione degli obblighi dichiarativi nonostante la possibilità di pagare elettronicamente le imposte, con un aggravio sostanziale dell’onere.

Lo studio di Tax Foundation si è rivolto al livello di tassazione sulle imprese e alla tendenza per i prossimi anni,  e presenta una serie di indicazioni che sottolineano le differenze delle politiche economiche in genere nelle varie parti del mondo, pur riscontrando una tendenza all’omogeneizzazione

La stessa Unione Europea presenta una aliquota media del 18% ma con punte che vanno dal 34% della Francia al 9% dell’Ungheria, e con la tolleranza, nell’ambito della EU, di territori ad aliquota 0 (Isole del Canale e Isola di Man).

La tendenza mondiale evidenziata negli ultimi trent’anni è verso una significativa riduzione dell’imposizione societaria, anche se l’aliquota media mondiale risulta ora essere del 23%, simile a quella di tanti stati evoluti.

Naturalmente l’indicazione delle aliquote dell’imposizione sulle imprese non riguarda il carico complessivo che grava sull’economia aziendale, ben maggiore, ma una occhiata oltreconfine potrebbe in molti casi attenuate quella sensazione di essere l’ultima ruota del carro che spesso domina nelle affermazioni nazionali; purtroppo non è il livello dell’aliquota, ma la difficoltà dell’adempimento a rendere gravosa la convivenza tra il contribuente e l’apparato burocratico.

Aggiungiamo che dal 2019 vi sarà una significativa modifica nel mondo fiscale francese: questo paese, fino ad ora caratterizzato dalla riscossione differita delle imposte: prima si incassa, poi si dichiara e infine si paga cambia struttura e introduce la ritenuta d’acconto per pressochè tutti i redditi, e quindi si uniforma alla maggioranza dei paesi europei.

Infine una valutazione prospettica: riusciremo a limitare la massa di adempimenti e formalità che ci opprimono sia per formalità che per costi? L’esempio viene dal Regno Unito, che con una popolazione simile alla nostra (circa 65milioni di abitanti) grazie ad una politica di prelievo alla fonte generalizzato gestisce ogni anno circa 11 milioni di dichiarazioni, la maggior parte a credito, mentre nel nostro paese abbiamo un totale di dichiarazioni presentate (730, Unico ecc.) che supera ampiamente i 40 milioni!

Vi è ancora tanta strada per una vera semplificazione!

 

 

Gazzetta 1, 2019

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