FANTASIA E CAPACITA’ CONTRIBUTIVA Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione introduce un pericoloso elemento presuntivo nella determinazione del reddito di lavoro autonomo. (Gazzetta Tributaria Edizione 52/2021)

FANTASIA E CAPACITA’ CONTRIBUTIVA Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione introduce un pericoloso elemento presuntivo nella determinazione del reddito di lavoro autonomo. (Gazzetta Tributaria Edizione 52/2021)

52 – Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione introduce un pericoloso elemento presuntivo nella determinazione del reddito di lavoro autonomo.

 

In estate, anche se siamo alla fine della stagione, una doccia gelata può essere gradita, e questo è l’effetto che fa la sentenza 24255/2021 del 9 settembre 2021della Suprema Corte.

Con tale atto si stabilisce che l’Agenzia delle Entrate può correttamente motivare un accertamento sulla base della presunzione di incasso dei corrispettivi per l’attività prestata alla fine dell’opera, anche se non vi è prova dell’incasso stesso.

La fattispecie riguarda uno studio legale a cui sono stati contestati ricavi non dichiarati sulla base dell’esistenza di vertenze concluse da sentenza, in cui i legali hanno prestato il patrocinio, riscontrate presso le cancellerie dei tribunali.

Il solo fatto che la prestazione fosse finita, con la sentenza resa nella causa, portava alla presunzione di incasso del corrispettivo relativo all’opera prestata.

Il professionista avrebbe dovuto dimostrare di avere tentato di incassare il dovuto e non esservi riuscito.

Questa posizione è avvallata dalla Cassazione che riconoscendo correttamente motivato l’accertamento su queste basi apre una voragine di dimensioni inimmaginabili in ordine all’onere dalla prova, alla prova negativa e alla doppia presunzione.

Quando l’art.53 della carta costituzionale si riferisce alla capacità contributiva come presupposto necessario per l’imposizione intende riferirsi ad una dimensione “fisica” di attività e/o beni che devono essere correttamente accertati e che non possono essere celati dietro schermi; l’arma dell’accertamento è stata concepita per consentire all’Agenzia delle Entrate di combattere i tentativi di sottrarre ad imposizione redditi occultati, ma non può già autorizzare l’invenzione di redditi inesistenti!

Nel caso in oggetto abbiamo un legale che conclude un patrocinio e non riceve il compenso (incapienza, amicizia, distrazione o che altro) e non procede con atti coattivi di riscossione.

L’Agenzia afferma, e la Cassazione avvalora, che il compenso “fantasma” si presume percepito e deve essere tassato.

Quale sia la misura di questo compenso fantasma è un altro elemento di totale incertezza!

La sentenza in commento si riferisce espressamente alla professione legale, ma non crediamo che la presunzione debba essere limitata alla avvocatura, in quanto vi sono tante situazioni che possono esser simili; e che dire dell’eventuale ritardo di anni nel pagamento dei compensi (situazione non straordinaria specialmente nel periodo di emergenza): potrebbe avvenire che venga presunto il pagamento nell’anno 0, e l’incasso effettivo nell’anno 3 non sia compensabile!

Quando si apre la strada alle presunzioni stravaganti si rischia una rovina senza freni!

 

Gazzetta 52, 10/09/2021

 

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