DUE CUORI ……. SENZA CAPANNA! (Gazzetta Tributaria n.34/2023)

DUE CUORI ……. SENZA CAPANNA! (Gazzetta Tributaria n.34/2023)

34 – Una recentissima pronuncia della Suprema Corte offre lo spunto per commentare abitudini e erronee credenze in materia di protezione del patrimonio nella famiglia.

  

Come è noto pagare tempestivamente imposte e tasse non è proprio una consuetudine diffusa in Italia, tanto che negli ultimi cinque anni vi sono stati quattro provvedimenti di stralcio, rottamazione e simili di debiti tributari.

L’esattore, quindi per riscuotere quanto dovuto dal contribuente può agire anche con atti di esecuzione immobiliare sui suoi beni.

Queste note, però, partendo da una esecuzione esattoriale che è iniziata quasi trent’anni fa, vogliono richiamare l’attenzione sulla situazione tanto diffusa della comunione dei beni nel matrimonio e sulle garanzie dei coniugi.

E’ opinione abbastanza diffusa che un bene in comunione sia aggredibile dal creditore particolare solo per la quota riferibile ai debiti del partecipante, e così è nel generale procedimento civile di esecuzione, salvo per la comunione coniugale (matrimonio in comunione dei beni ex art.177segg. Codice Civile), perché in questo caso la natura di comunione senza quote  per i coniugi comporta che l’eventuale esecuzione o espropriazione deve riguardare l’intero bene, e non già solo la quota di questo, sia pure indivisa.

Così espressamente, e per quanto possibile chiaramente l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 150 del 4 gennaio 2023, che conferma una tendenza anche precedente, e che convalida tutti gli atti di esecuzione che hanno privato entrambi i coniugi della casa di famiglia per debiti riferiti solo ad uno di questi.

Cerchiamo, con parole semplici e discorsive, di chiarire questo aspetto che è determinante.

Nella valutazione comune si ritiene che in caso di comunione di un bene, tipica la comunione ereditaria in cui ciascun partecipante (comunista) è titolare di una quota, sia pure indivisa, vi sia scarso interesse da parte del creditore del singolo ad aggredire il bene comune in quanto la vendita, eventualmente coattiva, di una quota frazionaria di un bene è sicuramente poco appetibile, ed effettivamente sono rari i casi di esecuzione avente per oggetto una singola quota di un bene immobile.

Ma la Cassazione ricorda che così non è per la particolare comunione legale dei coniugi, che è una comunione senza quote e in quanto tale non offre la protezione della responsabilità limitata alla quota: Il creditore di un coniuge per debiti personali di questi potrà mettere in vendita l’intero bene in comunione (tipicamente la casa coniugale, come nel caso della ordinanza in commento), e una volta pagate le spese sarà ripartito tra i due coniugi, e per uno di questi il creditore, il netto ricavo.

E’ cosa ben diversa, come si rileva, che vendere una quota sia pure indivisa di una comproprietà, perché un bene nella sua interezza è sicuramente più appetibile, e il coniuge che si credeva protetto dalla comunione si trova sostanzialmente espropriato anche lui del bene, salvo ricevere, dopo anni, una certa somma in denaro.

Vuol anche dire che debbono essere rimeditati, anche a fini cautelari, gli atti di costituzione dei fondi patrimoniali (art.167segg. Codice Civile) destinati alla famiglia, tutte forme di protezione che ci eravamo illusi potesse costituire una barriera “invalicabile” alle pretese dei creditori, e tipicamente la Riscossione, di uno solo dei coniugi ma che la Cassazione ci ricorda essere perforabili.

Due cuori, senza la capanna, rischiano la polmonite!

 

Gazzetta Tributaria 34, 15/03/2023

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