CONTRARI OLTRE IL SOSTENIBILE! (Gazzetta Tributaria n.125/2023)

CONTRARI OLTRE IL SOSTENIBILE! (Gazzetta Tributaria n.125/2023)

125 – La Cassazione “bacchetta” l’Agenzia delle Entrate che pretende di poter entrare in un processo tributario pur non essendo mai stata parte processuale!

 

A volte deve intervenire la Corte di Cassazione su argomenti che contrapposti appaiono decisamente pretestuosi, ma dettati dall’animus pugnandi che contraddistingue taluni uffici dell’Agenzia delle Entrate (evidentemente supportati anche dall’Avvocatura di Stato) assolutamente contrari “a prescindere” al contribuente.

I principi fondamentali della procedura civile e di quella tributaria specificano che nel processo fiscale la controversia non può che essere limitata alle parti in conflitto, e sia l’art.10/546 che l’art.100 C.P.C. delimitano il concetto di parte nel processo, con l’avvertenza che esistono procedure per integrare ed ampliare questa platea di interessati attraverso, l’istituto dell’intervento e della chiamata in giudizio.

In mancanza di queste procedure formali di ampliamento le parti non possono che essere quelle definite e delimitate dall’art.10/546 e cioè il contribuente e l’ente che ha emanato l’atto impugnato.

Veniamo ai fatti che rendono l’atmosfera, quasi pirandelliana della controversia.

Un contribuente impugna una cartella di pagamento emessa dalla Agenzia Riscossione e vince in primo grado; l’Agenzia delle Entrate – solo questa –  non ci sta e propone appello, pur non avendo mai assunto la qualifica di parte in primo grado.

Si deve arrivare sino alla Cassazione (ordinanza n. 28131 del 5 ottobre 2023) per sentire ribadire, come per altro aveva stabilito il giudice di appello, che chi non ha svolto legittima attività nel processo di primo grado non ha acquisito la qualifica di parte e quindi non può procedere nei vari gradi di giudizio, anche se eventualmente potesse vantare un interesse al rapporto sottostante (È l’Agenzia delle Entrate che emette il ruolo che viene delegato alla Riscossione per l’esazione).

Prevale evidentemente lo smacco per una pronuncia negativa, (e viene il dubbio di come l’Agenzia delle Entrate abbia potuto conoscere la sentenza di primo grado che riguardava solo la Riscossione!) e quindi senza badare alle formalità necessarie si pretende di far valere le proprie presunte ragioni anche in contrasto con le elementari prescrizioni del Codice di Procedura Civile.

La pronuncia citata contiene anche un evidente riassunto delle norme basiche di procedura, con un richiamo, quasi stizzito, all’istituto dell’intervento in giudizio o della chiamata in giudizio, che come ribadisce il Supremo Collegio, si possono svolgere solo in primo grado, ma che sono stai tralasciati dall’Agenzia che ora pretende di poter recitare un ruolo in una vertenza che non l’ha vista all’esordio.

Quindi la conferma della esclusione dalla controversia, e solo la mancata costituzione del contribuente in Cassazione salva l’Agenzia dal dover risarcire le spese di lite.

Non la salva, però, dalla considerazione che la contrapposizione a priori cercando, maldestramente, di superare le formalità imposte dalla procedura, contrasta decisamente con l’immagine di “FISCO AMICO” che da più parti si cerca di far accettare dai cittadini, legittimamente perplessi a fronte di certi comportamento cecamente eccessivi.

Non si può pretendere amicizia quando si cerca di contrapporsi oltre le regole ed il sostenibile!

 

Gazzetta Tributaria 125, 13/11/2023

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