CONFERMATO IL “TOVAGLIMETRO” E GLI ALTRI INDICI La Corte di Cassazione conferma la validità degli indici presuntivi “fisici” per accertare i ricavi di alberghi e ristoranti, validando gli accertamenti induttivi. (Gazzetta Tributaria Edizione 38/2021)

CONFERMATO IL “TOVAGLIMETRO” E GLI ALTRI INDICI La Corte di Cassazione conferma la validità degli indici presuntivi “fisici” per accertare i ricavi di alberghi e ristoranti, validando gli accertamenti induttivi. (Gazzetta Tributaria Edizione 38/2021)

38 – La Corte di Cassazione conferma la validità degli indici presuntivi “fisici” per accertare i ricavi di alberghi e ristoranti, validando gli accertamenti induttivi.

 

Potendo tornare a pranzare al ristorante dopo i mesi bui della pandemia si accende l’attenzione del Fisco verso questi esercizi e ritorna la diatriba sugli indici presuntivi (tovagliometro, tazzinometro, bottigliometro e così via) che l’Agenzia utilizza a man bassa per procedere ad accertamento in rettifica nei confronti di ristoratori e simili.

Lo spunto è dato dalla sentenza della Corte di Cassazione n.11593 pubblicata il 4 maggio 2021, anche se pronunciata a febbraio 2020 e riferentesi all’esercizio 2006(!), che ha confermato la piena validità del c.d. tovagliometro (purtroppo la stessa Cassazione usa questo termine infelice) in caso di accertamento induttivo nei confronti di un ristoratore.

La rivista dell’Agenzia delle Entrate trae subito da tale pronuncia soddisfazione sulla validità nell’attività degli accertatori, e non si può che riconoscere che siamo in presenza di una tendenza oramai ribadita con costanza (anche la Gazzetta Tributaria ne parlò più volte – 7/2019) ma torniamo sull’argomento per sottolineare la rilevanza dell’unica difesa possibile del contribuente: la regolare contabilità.

Per giustificare anche in questo caso l’utilizzo di questo rozzo indice presuntivo (ricordavamo anni fa come la Stessa Cassazione avesse dovuto intervenire sulla valutazione del numero di grammi di polvere di caffè necessari per produrre una tazzina!) viene ribadito, quasi alla noia, che sono le irregolarità frequenti e ripetute nelle scritture contabili dell’esercente a giustificare l’allontanamento dalle risultanze dei conti, e l’utilizzo dell’accertamento induttivo.

Letta al contrario questa affermazione significa che se la contabilità è formalmente regolarmente tenuta non possono esser usate farine, tovaglioli e caffè per procedere all’accertamento. Proprio la precedente Gazzetta Tributaria ricordava l’obbligatorietà della redazione dell’inventario e delle schede di raggruppamento delle rimanenze, requisito formale senza particolare significato ma ritenuto fondamentale; sono queste eventuali carenze che autorizzano l’uso dei vari tovagliometri ecc., pur costituendo questa anche presunzioni di secondo grado!

Infatti queste presunzioni non potranno mai trovare spazio e validazione in caso di accertamento fiscale analitico, quello che dovrebbe costituire la consuetudine nelle rettifiche ragionevoli.

Invece siamo obbligati a combattere, novelli Don Quijote, contro le ombre di tovaglie, tazzine e bottiglie e non è detto che alla fine ci accolga Dulcinea!

 

Gazzetta 38, 22/06/2021

 

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