COLLABORAZIONE E OTTUSITA’ – QUANDO LA RISCOSSIONE NON VUOLE ACCETTARE LA REALTA’ Una storia vera di un dialogo tra sordi, con il contribuente che si trova vessato e messo in cattiva luce. (Gazzetta Tributaria Edizione 22/2021)

COLLABORAZIONE E OTTUSITA’ – QUANDO LA RISCOSSIONE NON VUOLE ACCETTARE LA REALTA’ Una storia vera di un dialogo tra sordi, con il contribuente che si trova vessato e messo in cattiva luce. (Gazzetta Tributaria Edizione 22/2021)

22 – Una storia vera di un dialogo tra sordi, con il contribuente che si trova vessato e messo in cattiva luce.

 

Quella che riferiamo ora è una storia vera, direttamente seguita, che rappresenta l’apoteosi della mancanza di comprensione e spirito positivo.

Una contribuente viene raggiunta da un avviso di accertamento IRPEF riferito ad una decina di anni fa, di importo rilevante (circa 500mila euro di imponibile), che a seguito di una positiva attività di opposizione in primo e secondo grado viene ridotto a circa un quarto; la conseguente iscrizione a ruolo viene immediatamente azionata dall’Agenzia Riscossione e a garanzia dell’incasso viene iscritta ipoteca su di una quota di comproprietà di un immobile ereditato (posseduto dalla contribuente per un sesto insieme ai cugini) e secondo legge l’ipoteca viene iscritta per il doppio del debito tributario – alla fine circa 250mila euro.

La cartella di pagamento che ne deriva può successivamente beneficiare anche della c.d. rottamazione dei ruoli, si riduce a meno di 50mila euro, viene rateizzata e le rate previste vengono regolarmente pagate alle scadenze, riducendo ora a meno della metà dell’intera cartella l’importo residuo dovuto.

Quindi una vertenza che inizialmente avrebbe potuto ammontare a oltre 250mila euro di debito tra imposte, sanzioni e accessori, per pronunce favorevoli, leggi agevolative e pagamenti residua ai giorni nostri per circa un decimo dell’importo iniziale.

La contribuente viene vista dai coeredi come un “inciampo” perché non consente alcuna operazione sul bene ipotecato (del valore complessivo di circa 100mila euro) e ritenendo di avere un residuo dovuto limitato chiede alla Agenzia delle Entrate – Riscossione l’annullamento o la riduzione dell’ipoteca, che grava ancora per 250mila euro la sua quota di un sesto del bene.

Con solerzia, quattro giorni dopo l’istanza la Direzione Regionale nega qualunque intervento perché stante la rateizzazione in corso c’è il rischio che qualche rata non venga pagata e quindi il debito ritorni all’ammontare originario; in modo iper-burocratico viene precisato che la legge consente di iscrivere un’ipoteca pari al doppio del debito inizialmente garantito, e così è stato fatto.

Senza apprezzare la sproporzione tra un’ipoteca di 250mila euro ed un debito residuo, ad oggi, di 25mila; non è neppure offerta la possibilità di discutere della conversione della garanzia, della sua riduzione o della sua sostituzione; sino alla fine dei giorni utili l’ipoteca deve persistere nella sua dimensione originaria!

Nel frattempo la competente Commissione Tributaria ha esaminato il caso e ha estinto ogni pendenza giudiziaria per “cessazione della materia del contendere”.

Il giudice tributario riconosce che la vertenza è conclusa, ma l’esattore non vuol sentire ragioni e mantiene la posizione nelle dimensioni originarie!

Un detto toscano afferma che “meglio avere un morto in casa che l’esattore all’uscio”; senza giungere a situazioni tanto tragiche certamente vi sono comportamenti che vogliono rappresentare una condanna senza revisione, una affermazione di un potere cieco.

A meno che, dato che la comunicazione di diniego di ogni intervento è datata aprile non si tratti di uno scherzo, anche se non molto divertente; ma non ci speriamo.

 

Gazzetta 22, 09/04/2021

 

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