CHI DORME …… NON PRENDE L’IVA! (Gazzetta Tributaria 22/2022)

CHI DORME …… NON PRENDE L’IVA! (Gazzetta Tributaria 22/2022)

22 – La possibilità di recuperare l’IVA su crediti verso contribuenti dichiarati falliti crea situazioni cui l’Agenzia cerca, con ritardo, di fare chiarezza.

 

La recente modifica dell’art.26 della legge IVA, come voluta forse indirettamente anche per i problemi di insolvenza generati dalla pandemia COVID, comporta necessità di affinamenti e precisazioni che occupano buona parte delle energie dell’Agenzia delle Entrate, che di recente dedica numerose risposte ad interpelli proprio a questa problematica, che potrebbe sembrare per altri versi minore ma rischia di acquistare una tragica attualità.

La recentissima risposta n. 102, del 10/03/2022 chiarisce che il recupero IVA in relazione alla perdita sul credito commerciale verso soggetto dichiarato fallito, quando il riparto finale della procedura non consente alcun incasso, deve riguardare crediti esistenti e, purtroppo, persi per insolvenza, e non crediti abbandonati ante tempo.

Descriviamo brevemente la situazione come si delinea dall’interpello e dal successivo commento di FISCO OGGI, che conviene con le conclusioni dell’Agenzia (e sarebbe sorprendente il contrario).

Nel 2009 sorge un credito per prestazioni di servizi verso un soggetto che nel 2012 presenta istanza di concordato preventivo, con ammissione alla procedura nel 2014; nel 2021 il concordato viene risolto per mancata esecuzione, con la dichiarazione di fallimento della società.

Il creditore in tutto questo intervallo di tempo: omologa 2014, fallimento 2021, non ha coltivato il credito e la successiva domanda di insinuazione al passivo del fallimento, nel 2021, viene respinta in quanto il credito è prescritto, non essendo applicabile al concordato preventivo la sospensione della prescrizione ex art. 2941 C.C.

Il creditore chiede all’Agenzia se può emettere la nota di credito ex art.26 IVA nella versione riformata, stante il mancato incasso di alcuna somma, e l’Agenzia nega tale possibilità perché la mancata ammissione al passivo del fallimento rappresenta solo un corollario di un credito prescritto da tempo, e quello che rileva è l’esistenza o meno del credito.

La risposta richiama elementi di giurisprudenza consolidata, a partire da una sentenza di Cassazione del 2009, che ribadiscono come durante il concordato preventivo non possa applicarsi la sospensione dei termini di prescrizione e quindi il creditore “avrebbe potuto utilmente attivarsi, nelle more dello svolgimento della procedura di concordato preventivo, al fine di evitare la prescrizione del credito”.

Si deve concludere che una raccomandata di interruzione dei termini non si deve mai negare, e chi dorme perde anche l’IVA!

 

Gazzetta 22, 14/03/2022

 

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