AUTOTUTELA CONTRO ATTI DEFINITIVI: UN PUNTO FERMO SULLA PRATICABILITA’(DIFFICILE!) (Gazzetta Tributaria n.106/2023)

AUTOTUTELA CONTRO ATTI DEFINITIVI: UN PUNTO FERMO SULLA PRATICABILITA’(DIFFICILE!) (Gazzetta Tributaria n.106/2023)

106 – L’autotutela non deve essere un rimedio per porre nuovamente in contestazione un atto non tempestivamente impugnato.

 

Dato che i rapporti tra Amministrazione e contribuente debbono essere improntati a collaborazione e buona fede (è un “mantra” che non ci stancheremo mai di ripetere), questa volta non possiamo che dare ragione all’Agenzia di fronte ad un comportamento a dir poco distratto del contribuente che si appella all’autotutela.

Questo è un istituto previsto da norme di qualche anno fa (D.M. 11/2/1997 n.36), che consente all’Amministrazione Finanziaria di annullare, per correggerlo, un atto ritenuto illegittimo in quanto viziato da errori, doppia imposizione, errore materiale, e altre situazioni in fatto.

L’autotutela non può essere invocata, invece, nel caso di mancata opposizione nei termini ad un atto di rettifica o accertamento e successiva richiesta di rivalutazione delle ragioni della parte privata.

Lo conferma anche la Corte di Cassazione che con l’ordinanza n.25659 del 04 settembre 2023 respinge il tentativo di una società di far rivedere un atto divenuto definitivo per mancanza di impugnativa nel termine, e successivo diniego di annullamento in autotutela appunto perché oramai definitivo.

La Cassazione, condannando anche alle spese di lite la società, afferma un principio di diritto condivisibile: “Il contribuente che richiede all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo o un provvedimento irrogativo di sanzioni, divenuto definitivo”, non può limitarsi a dedurre eventuali vizi dell’atto medesimo, la cui deduzione deve ritenersi definitivamente preclusa, ma deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto. Ne consegue che contro il diniego dell’Amministrazione di procedere all’esercizio del potere di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria”.

Come si vede la Suprema Corte è piuttosto tassativa nel dividere il campo dell’autotutela invocata nei confronti di un atto non definitivo (è una versione propedeutica alla mediazione, ma senza i limiti quantitativi di quest’ultima) dall’autotutela richiesta, ed a volte pretesa anche quando l’atto è divenuto definitivo.

In quest’ultimo caso solo l’interesse collettivo o l’esistenza di un provvedimento di rigetto illegittimo possono consentire un esame della fattispecie; altrimenti non vi è spazio per tentativi di rientrare, surrettiziamente, nel rispetto di termini invece tralasciati!

In sostanza le regole, anche del processo tributario, sono tassative: se vuoi investire i giudici dell’esame della controversia questo deve avvenire nelle forme e nelle scadenze prescritte dalla legge; i rimedi eccezionali, proprio in quanto tali, sono limitati a poche, insolite fattispecie.

Per questo non si può che richiamare l’attenzione sulla tempestiva consegna al difensore dell’atto ricevuto, e sulla collaborazione per una azione nei confronti dell’Amministrazione che rigetti i termini, senza pensare all’esistenza di scorciatoie o simili,

Non illudiamoci che il nostro caso possa avere valenza collettiva, in quanto in genere interessa solo noi, e quindi non potrà essere attratto dal mondo dell’autotutela.

 

Gazzetta Tributaria 106, 04/10/2023

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