31 Ott VERSO UNA RIVOLUZIONE “COPERNICANA” – LA DEDUZIONE DELLE PERDITE SU CREDITI (Gazzetta Tributaria n.182/2025)
182 – Una recentissima pronuncia assesta una violenta picconata alle presunzioni in merito!
Uno dei dibattiti che più hanno attirato le attenzioni dei commentatori fiscali è la deducibilità delle perdite su crediti, di cui si occupa, tra l’altro, anche l’art.101 TUIR, dal comma 5 in poi.
Tutti siamo cresciuti con il concetto che le perdite su crediti devono risultare solo da elementi certi e precisi, come l’assoggettamento del debitore a procedura concorsuale o il pignoramento negativo, e negli altri casi, salvo l’ipotesi di crediti di valore bagatellare, vi era un alto rischio di rettifica.
Il ritornello che anche chi scrive si è sentito ripetere dall’Agenzia è che se non vi sono elementi oggettivamente riscontrabili la rinuncia ad un credito, sia commerciale che finanziario, poteva essere collocata tra le liberalità, e quindi essere fiscalmente irrilevante.
Da un certo tempo abbiamo assistito a due fenomeni migliorativi differenti e che portano allo stesso risultato: per i crediti verso debitori assoggettati a procedura il momento rilevante si è finalmente anticipato all’apertura della pratica e non al piano di riparto finale, con un indubbio beneficio finanziario; la globalizzazione dei mercati e delle procedure ha imposto la riqualificazione delle buone pratiche internazionali, i principi contabili OIC, tanto che l’Agenzia ha addirittura dedicato una apposita circolare, n.14 del 2014, alle pertite su crediti anche a seguito dell’adozione dei principi contabili internazionali.
Infine interviene ora la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.27096 del 9 ottobre 2025 che potrebbe rappresentare un punto fermo e deciso.
Una società aveva svalutato, a seguito di transazione, un credito nei confronti di una altra società, cliente, temendo per la riscuotibilità del credito; la svalutazione era stata contestata dall’Agenzia che vide confermato in primo grado l’accertamento; l’appello della parte privata, invece, trovò accoglienza e costrinse l’Agenzia a ricorrere in Cassazione.
Avanti il Spremo Collegio venne ribadita dall’Agenzia l’affermazione che la mancanza di elementi “certi e precisi” come una procedura concorsuale fa diventare la svalutazione, comunque giustificata, un atto di liberalità e in quanto tale indeducibile.
Anche la Cassazione, invece, conferma che gli elementi certi e precisi possono anche emergere dalla valutazione della capacita di adempiere alle obbligazioni del debitore, e la produzione in giudizio del bilancio della società debitrice, che evidenzia aspetti critici, giustifica la svalutazione.
Con una ricostruzione lessicale la Cassazione sottolinea come l’elemento certo e preciso è la svalutazione, e questa una volta realizzata è indiscutibile!
L’Agenzia viene anche condannata a pagare le spese del giudizio, oltre che dover rivedere le proprie certezze sulla svalutazione dei crediti!
Per altro forse il Fisco dimentica che in caso svalutazione eccedente rispetto al recupero finale si genererà una sopravvenienza attiva, e quindi alla fine il conto è bilanciato!
Ma il mito della lotta alle liberalità sembra a volte che offuschi la serenità di giudizio, e meno male che ci pensano i Supremi Giudici a richiamare alla realtà.
Gazzetta Tributaria 182, 31/10/2025
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