05 Nov QUANDO LA PROGRESSIVITA’ DELL’IMPOSTA DIVENTA UN AGGRAVIO (Gazzetta Tributaria n. 183/2025)
183 – Contributi in ritardo e necessità di registrare una sopravvenienza penalizzano il professionista
Come è noto dal 2024 il reddito di lavoro autonomo è determinato dalla differenza tra “tutte le somme percepite in relazione all’attività” ed i costi.
Questo principio di onnicomprensività può indurre, come nel caso in esame a distorsioni dovuta alla natura progressiva dell’imposta sui redditi, come imposto dalla Costituzione.
Questa considerazione viene accentuata dall’esame della risposta n. 277 del 3 novembre 2025 dell’Agenzia, che affronta un problema di contributi pubblici in ritardo.
Un professionista acquista nel 2022 beni strumentali e da tale anno deduce le quote di ammortamento su questi cespiti.
Aveva richiesto un contributo alla Regione di appartenenza e questa ha erogato il contributo in conto degli impianti acquistati tre anni prima solo nel 2025.
Come regolarizzare l’intera posizione?
La conclusione dell’Agenzia, certamente corretta, è che sostanzialmente il costo “ammortizzabile” dell’attrezzatura deve essere ridotto del contributo ricevuto, le quote di ammortamento debbono essere riparametrate a questo costo ridotto e la differenza tra le quote “piene” dedotte nei primi anni e quelle corrette dopo l’imputazione del contributo sono una sopravvenienza attiva tassata per intero nell’anno di incasso del contributo.
Tutto corretto, salvo il fastidio contabile di ricalcolare le quote di ammortamento, ma potrebbe venire alla luce un significativo aggravio in relazione alla dimensione del contributo.
Infatti se le quote di ammortamento vengono ridotte ogni anno collocano il contribuente in una determinata fascia di aliquote fiscali, e dover conteggiare in una sola volta la sopravvenienza derivante da una pluralità di recuperi annuali di ammortamenti eccedenti potrebbe far scivolare, nell’anno di contabilizzazione della sopravvenienza, nella fascia successiva, con aliquote maggiorate.
Questo non si sarebbe verificato con una puntuale contabilizzazione delle quote di ammortamento corrette.
Notiamo che tra le ultime due aliquote IRPEF la differenza è significativa (33% e 43%), e quindi la distorsione potrebbe avere una dimensione assoluta non irrisoria.
Non si comprende perché non sia stato previsto che in questo caso il recupero della differenza avrebbe generato proventi da assoggettare ad imposte secondo l’istituto della tassazione separata, ipotizzato dal legislatore propri per attenuate gli effetti della progressività dell’IRPEF.
Ma nel mondo fiscale molto spesso, secondo il principio evangelico, la mano destra ignora completamene la sinistra!
Gazzetta Tributaria 183, 05/11/2025
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