C’ È QUALCOSA DI NUOVO OGGI NEL SOLE, ANZI D’ ANTICO……. LA BUSTA DELLA SPEDIZIONE (Gazzetta Tributaria n.121/2025)

C’ È QUALCOSA DI NUOVO OGGI NEL SOLE, ANZI D’ ANTICO……. LA BUSTA DELLA SPEDIZIONE (Gazzetta Tributaria n.121/2025)

121 – La poesia del Pascoli potrebbe essere il sottofondo naturale di una recente presa di posizione della Cassazione.

 

 Citare i versi iniziali della poesia “Aquilone” di Giovanni Pascoli, che tutti abbiamo letto ai tempi delle superiori, serve per introdurre quella contrapposizione tra la modernità delle controversie telematiche che si svolgono in tutte le Corti di Giustizia e il contenuto della recente ordinanza della Corte di Cassazione che, testualmente, riporta “pertanto la contribuente deve imputare a sua negligenza il non aver conservato la busta contenente l’atto impositivo notificatole…”

Ecco qualcosa di antico che torna: l’importanza della busta che conteneva un atto! Quale unica prova dell’avvenuta (o non avvenuta) notifica dell’accertamento.

Non contano i registri cronologici, non contano le relate, non contano i repertori: la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13348 del 19 maggio 2025 ribadisce che la prova della data di consegna di un atto non può che essere quella del timbro postale apposto sulla busta che contiene l’atto.

Sembra di ritornare in un mondo di collezionisti filatelici che conservano gelosamente le buste dei propri invii!

Nel campo dei tributi locali, e questo è l’argomento dell’ordinanza citata, non è obbligatoria la notifica dell’accertamento con raccomandata, per cui si deve poter dimostrare in ogni modo l’effettiva data del ricevimento per verificare la tempestività del ricorso proposto.

Non possiamo appellarci all’informatica, la PEC e il domicilio telematico sono fuori gioco, solo la busta, quel rettangolo cartaceo con timbri e bolli può svolgere un ruolo determinante nella tempistica processuale.

L’incauta contribuente dell’ordinanza in commento è stata anche condannata a pagare le spese di lite, e tutto per non avere conservato la busta con cui le è stato recapitato l’accertamento.

In fondo non siamo neppure nella peggiore sequenza temporale, dato che si sta disquisendo di un accertamento del 2015; con tre gradi di giudizio la contribuente non è riuscita a spostare l’attenzione dei giudici dalla busta.

Non possiamo che augurarci che la progressiva diffusione del processo telematico, che non vede più la carta, e quindi neppure le buste, ponga fine a questa situazione che nel 2025 appare francamente imbarazzante, con buona pace anche del Pascoli e del suo Aquilone.

 

Gazzetta Tributaria 121, 08/07/2025

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