29 Mag QUANDO IL RINVIO SEMBRA UN RIFIUTO DI PRONUNCIA! (Gazzetta Tributaria n.97/2025)
97 – In materia di deducibilità dei costi di pubblicità a volte vi è un rinvio ingiustificato.
Ricordiamo che la norma generale del TUIR in materia di reddito d’impresa – art.109 – riconosce i costi come deducibili se “si riferiscono ad attività da cui derivano ricavi”
Questo riferimento indiretto: ………attività da cui derivano……… permette di dedurre anche i costi di rappresentanza che certamente hanno una inerenza diluita, ma purtuttavia il concetto dell’inerenza viene sempre intesa, almeno secondo FISCO OGGI, come vincolante e diretta, mentre della riferibilità generalmente non si fa cenno:
Ne abbiamo prova nel numero del 28 maggio 2025, in cui viene brevemente commentata l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 11999 del 7 maggio 2025 riguardante la controversia su di un costo pubblicitario.
Nei due gradi di giudizio di merito è stata data ragione al contribuente che aveva contestato l’accertamento per l’anno 2009 portante una rettifica per costo pubblicitario non riconosciuto.
Pur con una doppia sconfitta l’Agenzia ricorre in Cassazione che con l’ordinanza indicata cassa con rinvio la sentenza della CTR, affermando che la deducibilità di un costo dovrebbe avere riguardo alla qualità del costo dedotto e non già alla sua dimensione quantitativa; però la dimensione del costo se porta alla anti economicità può costituire un indizio sulla mancanza di inerenza.
In sostanza, secondo la Cassazione, non basta che un costo si riferisca alle attività che generano ricavi, ma deve anche essere ragionevolmente compatibile con la dimensione di questi.
La prova di questa correlazione costituisce certamente un arduo scoglio da superare, in quanto un costo pubblicitario è certamente un elemento ad effetto differito e difficilmente riferibile con precisione; pur tuttavia anche la Suprema Corte ha ritenuto di evitare una pronuncia rinviando con l’ordinanza indicata alla Corte di Merito la valutazione sulla compatibilità del costo sostenuto con l’attività svolta.
È l’ennesima rappresentazione di quella specie di balletto rituale per cui la legge afferma criteri di larghezza nei costi d’impresa (costi riferibili; sponsorizzazioni comunque deducibili) e l’Agenzia stringe le maglie (necessità di dimostrare l’incremento di fatturato; dimostrazione dell’attività di immagine dello sponsor) e il rinvio al giudice di merito dimostra che anche la Sprema Corte non ama pronunciarsi in merito – meglio che decida un altro!
In certi casi, per altro, davanti ad una doppia conforme nel merito non si procede alla vertenza; sulla “inerenza” dei costi, invece, l’Agenzia vuole una battaglia strenua (e spesso perdente!).
Gazzetta Tributaria 97, 29/05/2025
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